[gtranslate] CONFLITTI TRA FRATELLI E SORELLE? ECCO ALCUNI CONSIGLI PER RAGGIUNGERE LA PACIFICA (O QUASI) CONVIVENZA - WHAT-U

La psicologa e psicoterapeuta infantile Chiara Pozzi

di Marta Cuccia

Al rapporto tra fratelli spesso non si dà la giusta importanza. Spesso si dà per scontato che i vincoli familiari facciano scattare in automatico solidarietà e fratellanza, invece non sempre è così. Perché a volte, purtroppo, può accadere che certe relazioni invece provochino per motivi differenti, tra i primi anche per il continuo confronto, sofferenza, dolore, angoscia, senso di oppressione e di possesso e gelosia.

Marcello Bernardi, medico pediatra, Marcello Bernardi è stato docente di Puericultura all’Università degli Studi di Pavia e di Auxologia all’Università degli Studi di Brescia, oltre che presidente del Centro di Educazione Matrimoniale e Prematrimoniale. Ha scritto vari libri divenuti fondamentali per i genitori italiani, collaborato con varie riviste e tenuto per anni una rubrica di risposta alle lettere dei genitori su l‘Unità. Il suo libro più famoso è forse Il nuovo bambino (Fabbri), uscito per la prima volta nel 1972, ristampato e aggiornato più volte, campione di vendite da un milione e mezzo di copie.

Il medico pediatra e scrittore Marcello Bernardi, seguace delle teorie di Donald Winnicott, è stato il referente italiano di quella pedagogia radicale rappresentata negli Stati Uniti da Ivan Illich (il cui motto era descolarizzare la società) e da Paulo Freire, nonché, storicamente, da William GodwinLev Nikolàevič TolstòjFrancisco Ferrer GuardiaDon Milani, scriveva: “Quello dei genitori è un mestiere duro. E un mestiere che, ogni giorno, costringe a mille piccole decisioni, che richiede un grande autocontrollo e, soprattutto, costringe a diventare adulti”. Si perché come per i figli non è scontato essere figli, fratelli e sorelle, nemmeno per i genitori è scontato essere in grado di ricoprire questo ruolo. Proprio perché lo si impara strada facendo e tra l’altro prevede non pochi sacrifici. E poiché nessuno di noi ha la sfera magica per vedere come potrà essere nel futuro ecco perché un po’ tutti a volte per il bene comune dovrebbero imparare a mettersi maggiormente in discussione. Bernardi al lettori che gli chiedevano consigli riguardo l’imminente arrivo di un fratellino o di una sorellina in casa rispondeva sulle pagine dell’Unità, il quotidiano dove aveva una rubrica: “Un fratello? Una sorella? Non date per scontato che debba essere ben accetto. È come portarsi l’amante in casa”, una risposta, tagliente, provocatoria, il cui obiettivo era dare l’dea dei sentimenti che una new entry a volte può provocare. What-u, che è sempre attento alle dinamiche fra genitori e figli, per affrontare l’argomento in maniera più esaustiva ha intervistato la psicologa e psicoterapeuta infantile Chiara Pozzi, che ha fornito risposte che potrebbero aiutare chi in questo momento è confuso e vorrebbe trovare risposte ai suoi dubbi, non soltanto nell’ipotesi di un nuovo arrivo, ma anche e soprattutto su come affrontare le dinamiche quotidiane tra fratelli dall’infanzia fino all’adolescenza.

Il genitore che ha più di un figlio, può incorrere in diverse difficoltà educative come rivalità o gelosie. Quali sono le problematiche che più spesso i genitori portano a riguardo, nel suo lavoro clinico?

«Questa è una tematica molto sentita dai genitori di questi tempi, spesso fonte di ansia. Trovo che i genitori siano spesso fin troppo preoccupati dalla gestione delle gelosie del primogenito, quando deve arrivare un nuovo figlio, quasi nel tentativo di proteggerlo da sentimenti che comunque sono nella naturalità della crescita ed anzi occasione utile per favorirla. Ciò li induce spesso poi, quando arriva il nuovo figlio, ad usare molte energie nello sforzo di “fare sempre la stessa cosa” per entrambi. Tutto ciò appare spesso contro producente, inducendo ulteriore ansia nel primogenito. Ci sono genitori che riprendono a vestire il grande, a dargli il biberon assecondando movimenti regressivi in maniera eccessiva e poco modulata. Altre volte, i genitori appaiono preoccupati e si interrogano sui motivi per i quali provano emozioni molto diverse verso i propri figli ed arrivano a colpevolizzarsi molto a riguardo. È certamente un’utopia pensare che noi genitori possiamo avere lo stesso tipo di rapporto con tutti i nostri figli perché quest’ ultimo viene influenzato da un’infinità di variabili, tra cui le caratteristiche caratteriali del minore, il momento specifico, nella nostra storia di vita, in cui egli è stato concepito ed è venuto al mondo, le nostre stesse vicissitudini come figli. Può essere anche normale provare emozioni più intense verso un figlio o sentire con lui un rapporto di maggiore affinità. Il nostro obiettivo come genitori deve essere quello di far sì che i nostri figli si sentano tutti egualmente amati, compresi e protetti, ognuno con le sue caratteristiche di unicità e specialità. Certamente, ciò non è sempre semplice, specie quando i figli incontrano difficoltà più complesse nel corso della crescita».


Quali sono le situazioni, quindi, in cui ciò può divenire più complesso per un genitore? Penso, ad esempio, alla situazione frequente in cui uno dei figli appare più in difficoltà, magari a scuola, oppure appare più problematico nel comportamento a casa. Come aiutarlo e sostenerlo evitandogli un confronto in negativo con i fratelli ?

«Occorre partire dal presupposto che dovremo imparare come genitori a conoscere i nostri figlioli nei loro punti di forza e nelle loro vulnerabilità. Ed ognuno di loro ha entrambi gli aspetti. Mi piace usare la metafora del seme che deve germogliare; noi genitori dobbiamo affinare la capacità di intuire dal seme che è il bambino fin da quando è piccolo, in che tipo di fiore potrà sbocciare. Ed ogni fiore ha le sue bellezze così come le sue vulnerabilità ed i suoi bisogni. Alcuni bambini necessitano di maggiori attenzioni e di uno sguardo più attento, altri paiono più forti e resistenti alle interperie della vita. Gli studi sui gemelli identici (monozigoti) evidenziano che anche fratelli con lo stesso identico patrimonio genetico e cresciuti naturalmente nella stessa famiglia, sviluppano diversi stili comportamentali e personalità grazie allo sviluppo di differenti circuiti neuronali in seguito alle diverse esperienze di vita. Le gelosie ed i confronti tra i figli ci saranno sempre ma se il genitore riesce a mantenere uno sguardo curioso e positivo su tutti loro, tali confronti non saranno mai in negativo ed ogni figlio svilupperà una sana individuazione di sé, cioè saprà accettare la propria individualità. Certamente, noi genitori possiamo essere messi a dura prova. È innegabile che ci sono bambini che sono, magari fin dalla nascita, più impegnativi o presentano maggiori difficoltà. Vedo tanti genitori disperati perché le maestre segnalano difficoltà, già a livello di asilo nido o scuola dell’ infanzia. Non parliamo poi delle difficoltà scolastiche, incarnate dalla scuola primaria con un voto, spesso vissuto dalle famiglie come una valutazione del bambino, con grosso senso di vergogna del genitore. Queste sono situazioni complesse, in cui non è facile che l’autostima del bambino non venga incrinata se non supportata da adulti consapevoli ed emotivamente attrezzati. Il bambino si confronta sempre nei suoi risultati con gli altri, siano essi fratelli o compagni di scuola e la sua autostima ne risentirà se l’adulto non riuscirà a comprendere, incoraggiare e lavorare sui punti di forza mantenendo comunque uno sguardo fiducioso». 


Quali sono quindi gli aspetti rispetto al quale i genitori devono prestare più attenzione e le strategie che è più utile che attuino nella quotidianità?

«È importante che ogni bambino si senta accettato, non in funzione dei suoi risultati ma del suo impegno nel migliorarsi e delle sue qualità umane, per quello che è come persona. Quest’ultimo è un aspetto che troppe volte passa in secondo piano. Quante poche volte esprimiamo ai nostri figli il nostro orgoglio per la sua sensibilità o generosità. In questa ottica, le rivalità tra fratelli possono essere molto stemperate in quanto ogni membro della famiglia avrà qualità e debolezze su cui lavorare. I genitori, e purtroppo a volte anche gli insegnanti, sono spesso troppo attenti ai risultati e meno ai progressi del bambino. Valorizziamo i progressi ed insegniamo ai nostri figli a migliorarsi piuttosto che ad osservare il mero risultato. Questo a scuola, nello sport così come in ambito familiare. Ed i progressi non avvengono senza errori e senza cadute. L’insuccesso non va demonizzato ma è parte integrante del processo di maturazione. Purtroppo spesso la stessa scuola insegna che l’errore è una cosa negativa. Sarà anche utile, come genitori, chiederci quali sono le mie emozioni di fronte alle cadute di mio figlio. Riesco a mantenere uno sguardo fiducioso? Quali sono le mie aspettative su di lui? Anche quest’ ultima è una domanda complessa. Non è sbagliato in sé avere delle aspettative sul figlio.Il problema, tuttavia, è quando queste aspettative sono sganciate dal bambino reale ma confuse con i bisogni del genitore. È importante sviluppare consapevolezza a riguardo. Una mamma, alla fine di una psicoterapia, mi ha riferito con stupore di avere finalmente iniziato a guardare suo figlio per quello che è, mentre prima le appariva come una parte di sé e confuso. Ed era per lei una bella sensazione. Quel figlio si accorgerà certamente del diverso sguardo di sua madre e si sentirà più libero di investire le sue energie nella crescita ed anche di sbagliare. Sono tanti i bambini ed i ragazzi che disinvestono dallo studio per il timore di fallire o di deludere. Quindi, nel concreto, sarà importante che a scuola, così come nel contesto familiare, il minore non venga denigrato ma visto nelle sue potenzialità, in ciò in cui riesce meglio o in cui ha più passione. Dare incarichi in cui si senta capace, in cui magari un fratello o un compagno potrebbe essere in difficoltà, premiare i progressi più che i successi in ogni contesto, trovare ambiti (sportivi, di aggregazione coi pari) in cui possa sentirsi capace anche nelle sue qualità umane. Quando sbaglia, aiutarlo ad analizzare come avrebbe potuto gestire le cose, senza umiliarlo. Potrà essere utile anche stimolare il supporto reciproco e la cooperazione tra fratelli. Ciò facendo sì che si aiutino l’un l’altro in base alle potenzialità di ognuno o dando incarichi  in cui il ruolo di ognuno è essenziale. Non sempre è semplice ma se diamo compiti alla loro portata e li lasciamo organizzare in autonomia, spesso troveranno strategie efficaci nel cooperare rinsaldando il loro legame».


Frequenti sono anche le situazioni in cui uno dei figli presenta difficoltà comportamentali di difficile gestione, come ricorrente oppositività, a casa o a scuola.  Come comportarsi in queste situazioni, per evitare che il figlio finisca per confrontarsi sempre in negativo con i fratelli, che appaiono magari più adeguati nella quotidianità?

«Sono molto frequenti queste condizioni, purtroppo, e spesso i genitori si rivolgono ad uno specialista quando la situazione è parecchio compromessa, l’autostima del figlio fragile ed il clima familiare spesso molto teso. In tali situazioni, sarà opportuno trovare modalità, che coinvolgano tutto il nucleo familiare, che interrompano la spirale in negativo che si è innescata. Occorre molta fermezza ma non esacerbare troppo i toni e comprendere, se necessario con l’aiuto di un esperto, cosa si nasconde dietro tali modalità del ragazzo. Spesso, si ritrova un tentativo disperato di essere visti, se pur in negativo, o di risvegliare un genitore poco presente. Altre volte appare una modalità volta a ricercare dei limiti e dei confini che i genitori non riescono a dare a causa di eccessivo lassismo. Il lavoro andrà comunque incentrato sul premiare i comportamenti positivi del figlio, anche se all’ inizio, come dico spesso ai genitori, vanno spesso cercati con una lente di ingrandimento. Dietro a tutto ciò quasi sempre ci sono figli con un’autostima molto bassa, che non pensano di avere aspetti di sé degni di essere amati». 

ph. What-u ©


Quali sono invece gli atteggiamenti che sarebbe bene evitare?

«Partiamo dalla premessa che ogni genitore vuole il meglio per i propri figli e che anche se fa degli errori, a volte anche gravi, va lui stesso compreso ed aiutato. Ognuno di noi ha delle parti più mature ed altre più fragili, spesso delle parti rimaste piccole che portano dentro antiche ferite. Queste sono aree che spesso si attivano nel rapporto con i nostri figli. Tutti sappiamo cosa dovremmo evitare di fare, tipo fare confronti tra i figli, umiliarlo per le sue cadute, cadere nel pessimismo ed in una visione esclusivamente negativa di proprio figlio,  ma a volte le nostre emozioni ci sovrastano e ci dominano. Spesso accade quando le difficoltà dei nostri figli vanno a toccare delle nostre ferite, non elaborate, appartenenti alla nostra storia di figli. Genitori che amano i figli ma ripetono copioni appresi nell’ infanzia, in cui umiliano i figli perché sono stati loro spesso umiliati e non capiti, in cui riproducono su di un figlio copioni di una storia in cui hanno vissuto un confronto o una svalutazione di sé . F. Shapiro, psicologa statunitense mancata recentemente, nella sua opera “Lasciare il passato nel passato” (2013), spiega come il tempo non cancella ma congela certi ricordi negativi in memoria generando risposte automatiche e disfunzionali. Se abbiamo avuto una storia molto traumatica e non è stata elaborata, questa entrerà certamente nella relazione con i nostri figli. In tali casi, l’aiuto di uno psicoterapeuta ci aiuterà a capire e rimarginare certe ferite. È sempre comunque utile, nel rapporto con i nostri figli,  come già accennavo, osservare il tipo di sguardo che teniamo su di loro, le emozioni che proviamo nel guardarli. Sarà utile capire l’origine di certi persistenti sguardi delusi, di vissuti di impotenza, a volte di rabbia o addirittura disprezzo; interroghiamoci sulla nostra storia di figli e su cosa è ancora per noi così difficile accettare. È importante anche, nelle situazioni di separazione coniugale, mantenere un dialogo aperto tra i due genitori per trovare modalità educative non necessariamente identiche ma coerenti negli obiettivi, che necessitano di letture condivise soprattutto delle aree di vulnerabilità dei figli». 


A proposito di rapporto tra fratelli o comunque pari, chiuderei con una curiosità: la competitività ed il confronto è più frequente tra i maschi piuttosto che tra le femmine?

«Credo che il confronto sia un aspetto che accomuna entrambi i sessi; le femmine si confrontano molto sui voti scolastici, così come si sentono a volte minacciate se non sentono più un’amica “tutta loro” o se, in preadolescenza, si sentono meno avvenenti di qualche coetanea. Diversi studi, invece, paiono dimostrare che in effetti i maschi fin da bambini sarebbero più propensi alla competizione, anche se non è chiaro se ciò possa dipendere dagli stili educativi che più frequentemente vengono utilizzati dagli adulti nei confronti dei soggetti di sesso maschile. In effetti, i genitori sono più propensi a proporre modelli di forza e competizione nei figli maschi. Ai figli maschi viene spesso chiesto più esplicitamente di riuscire, specie negli sport. Ai maschi, cosa forse anche più grave, si chiede a volte di non provare paura e di mostrasi forti, in particolare non mettendo in mostra i propri aspetti di maggiore fragilità o sensibilità. Credo sia importante introdurre strategie educative che rafforzino anche nei figli maschi qualità come la sensibilità -intesa come capacità di provare empatia verso l’altro, ma anche di esprimere le proprie emozioni e la cooperazione con i pari». 


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