[gtranslate] L'IMMERSIONE NELL'ARTE SECONDO VIALE - WHAT-U

Fabio Viale, Acqua alta High tide, 2020. Installation view at Galleria Poggiali, Florence. Courtesy Galleria Poggiali

Galleria Poggiali, Firenze 

FABIO VIALE
Acqua alta High Tides.
fino al 9 maggio 2020

OPENING: 

22 febbraio 2020 ore 18.30

Via della Scala, 35/A-29/Ar e Via Benedetta 3r, Firenze

    

Fabio Viale è uno scultore italiano particolare non perché lavora esclusivamente con il marmo, ma perché le sue opere prevedono che lui abbia con esse un completo coinvolgimento fisico. Nato a Cuneo nel 1975 dopo una serie di apparizioni di successo alla Biennale di Venezia e alla Gipsoteca di Monaco, oggi sabato 22 febbraio torna a Firenze, alla Galleria Poggiali, con una personale “Acqua alta High tide“, (l’apertura è prevista per le ore 18.30), che proseguirà fino al 16 maggio 2020.

Nella nuova mostra fiorentina l’artista piemontese propone due diverse installazioni: una per la sede di via della Scala 35/Ar, l’altra per lo spazio in via Benedetta 3r

Le bricole

Negli spazi di via della Scala l’artista ha esposto una dozzina di monoliti in pietra denominati “Briciole” realizzati appositamente per il Padiglione Venezia (ai Giardini) della 58a Esposizione internazionale d’arte – La Biennale di Venezia, conclusasi lo scorso novembre che replicano a misura reale quei pali in legno di rovere o di castagno alti tre metri e oltre che affiorano nella laguna di Venezia. 

Il dramma dell’acqua alta, da cui il titolo della mostra odierna, ha cambiato tutto, a riprova che la realtà supera molte volte la nostra immaginazione. L’acqua alta che ha invaso tutta Venezia, è penetrata anche nel Padiglione dove si trovavano ancora le sculture di Viale, ora trasportate a Firenze sane e salve. Un motivo in più per spingere Viale a mantenere l’idea originale in questa esposizione di via della Scala. Ovvero per sottolineare in fondo l’emergenza che stiamo attraversando, quella dell’innalzamento del livello del mare, dei cambiamenti climatici e del progresso incontrollato che ha stravolto equilibri naturali e il paesaggio in ogni parti del mondo. La galleria è invasa da uno strato di sabbia umida, come se l’acqua si fosse appena ritirata dall’ambiente che ospita le ‘bricole’. In più, Viale ha macchiato le pareti della galleria con un colore sporco, limaccioso, che riproduce la linea dell’acqua, come se lo spazio fosse realmente allagato. L’allestimento, così risolto, assume un aspetto drammatico e serve a collegare gli inquietanti eventi di questi giorni, conseguenza dei cambiamenti climatici, a quanto vissuto a Firenze nell’autunno del 1966, quando l’Arno superò gli argini, e con tutta la sua furia devastatrice il fiume invase il centro cittadino, raggiungendo l’altezza di molti metri in certi quartieri, come quello di Santa Croce.  Ancora oggi, una lapide ricorda la linea dell’acqua in via della Scala e in Piazza Santa Maria Novella, dove furono superati i due metri, deturpando alla base affreschi preziosi e marmi pregiati. 

“Emergenze” lapidee

In via della Scala, nello spazio di via Benedetta, dove Viale ha rovesciato quintali di pietrisco, detriti di marmo direttamente prelevati dai cosiddetti ravaneti, che sono in realtà gli strapiombi dove vengono gettati gli scarti della estrazione in cava: pietrame e schegge inutilizzabili, materiale prodotto dalla frantumazione della pietra che, precipitando e scivolando a valle, si sbriciola e crea delle vere e proprie cascate di marmo, che viste dalla marina sembrano antichi ghiacciai sopravvissuti al riscaldamento delle temperature. Tra la massa informe dei detriti, che sembra muoversi come un fiume e trascinare con sé tutto, di tanto in tanto però emergono statue mozze, pezzi frantumati di vasi in marmo, arti e teste di pietra lavorati dal tempo e dalla caduta. Le Tre Grazie sono state ridotte a brandelli; un personaggio pittoresco, un moro con turbante, appare riportato allo stadio grezzo di macigno; un aggraziato Apollo è senza braccia, gambe e testa; un molosso è restituito alla natura come sasso di fiume. Il paesaggio può ricordarci, l’inevitabile tragedia del divenire che tutto riduce in polvere. 

Per l’occasione sarà pubblicato un catalogo con un saggio di Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento di Firenze


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