
(Foto AP / Ee Ming Toh)
di Patricia Sinclair (aggiornato al 20/03/2020 ore 22.30)
Dallo scoppio della pandemia di Coronavirus, anche la domanda di disinfettanti e maschere respiratorie è aumentata significativamente in Italia, in Francia, In Gran Bretagna. I prodotti sono stati recentemente esauriti in molti luoghi. In Italia, la maggior parte delle farmacie ha esposto cartelli per informare la clientela che le forniture erano esaurite. Gel e mascherine tutti ‘SOLD OUT’. A raccoglier gli appelli dei cittadini, che tuttora non riescono ad approvvigionarsi di presidi essenziali nella battaglia di prevenzione al Coronavirus, almeno sul fronte della produzione del gel disinfettante, alcuni colossi del beauty e della farmacia hanno deciso di riconvertire i propri stabilimenti per la produzione di gel disinfettante. In Italia, il Gruppo Menarini ha deciso di realizzare, nello stabilimento fiorentino dedicato ai farmaci in formulazione gel, la produzione di gel disinfettante da donare alle strutture e agli operatori impegnati in prima linea per limitare i contagi soprattutto nelle strutture più esposte al rischio. Il calzaturificio Bram Spa di Casaloldo, in provincia di Mantova, alla fine del 2020 quando farà i conti non vedrà al suo attivo come ogni anno 30.000.000 milioni di capi prodotti, ma sicuramente molti di meno. In compenso avrà la certezza di avere limitato le perdite per avere smesso di produrre calze per donna per un po’, concentrando i suoi sforzi sulle mascherine che ora sono al vaglio del Politecnico di Milano. Acquaflex, azienda chimica di Rho, ha deciso di convertire la sua produzione per donare 10 tonnellate di gel igienizzante per le mani al Comitato lombardo della Croce Rossa Italiana e ai Comuni di Cornaredo, Rho, Gaggiano e Milano. Un gel igienizzante che fino a pochi giorni fa non produceva e che ha deciso di “creare” coinvolgendo i 35 dipendenti anche con turni straordinari di lavoro.
In Francia, Petit Bateau, la nota azienda di abbigliamento prettamente per neonati e bambini, ha unito le forze con altri produttori tessili di Aube per produrre maschere protettive per agire e unire le loro abilità sartoriali al servizio dell’ ARS (Agence régionale de santé ossia l’Agenzia Sanitaria Regionale) per la produzione di maschere protettive, un prodotto mancante e tuttavia essenziale per molte persone. Dal 18 marzo 2020, i produttori tessili di Aube sono stati mobilitati per ottenere le materie prime per la produzione di queste maschere, che verranno poi esaminate dall’ARS, che organizzerà la loro distribuzione. Prima però tutti i prototipi dovranno ricevere il beneplacito della DGA (Direction générale de l’Armement), dove sono stati previamente spediti i giorni scorsi per la verifica dei livelli di protezione che offrono.
Il colosso Lvmh
Lvmh ha annunciato che la sua unità dedicata ai profumi e cosmetici ha già iniziato ad attivarsi nella produzione di grandi quantità di gel disinfettante per le mani da ieri per evitare una carenza nazionale in tutta la Francia dove il coronavirus si sta diffondendo rapidamente come in Italia. “Lvmh utilizzerà le linee di produzione dei suoi marchi di profumi e cosmetici per produrre grandi quantità di gel idroalcolici che verranno consegnati gratuitamente alle autorità sanitarie”, ha aggiunto il presidente e CEO Bernard Arnault in una nota di Lvmh.


Sindaci, assessori e rettori delle università uniti per dare una mano all’Italia
Anche sindaci, assessori e rettori delle università si sono mossi per essere di aiuto. Il rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino, scrive Il Sole24Ore, sta coordinando un gruppo di lavoro formato da docenti e ricercatori che sono in contatto con una serie di aziende locali del settore manifatturiero interessate a convertire parte della loro produzione in dispositivi di protezione individuale ossia in mascherine). Si tratta di aziende che attualmente producono abbigliamento, pannolini e assorbenti o del settore calzaturiero. Il Presidente del Consiglio regionale della Toscana Eugenio Giani alcuni giorni fa ha presentato il progetto della ditta Dreoni Giovanni a di Vaiano, provincia di Prato, che da ditta di confezioni tessili attiva nel campo della tappezzeria per auto e dell’abbigliamento in tessuto tecnico, in due giorni ha riconvertito parte del proprio stabilimento per la produzione di 2.000 mascherine al giorno, da fornire agli operatori sanitari come dispositivo di protezione contro il Coronavirus.
Dal 3 marzo il gruppo Davines, azienda cosmetica con sede a Parma, per far fronte all’emergenza Covid-19, ha dato il via alla produzione di un gel igienizzante mani per poterlo donare alle realtà maggiormente bisognose. Ad oggi, 50.000 unità di gel igienizzante mani sono state consegnate a case di riposo comunali, sedi parmensi di Croce Rossa, Croce Gialla, Intercral, Comunità Betania, l’assistenza pubblica e le comunità di accoglienza per immigrati. Sessantamila ulteriori unità sono attualmente in produzione e verranno destinate entro i prossimi dieci giorni alle stesse associazioni, per un totale di oltre 100.000 pezzi.
Come la Deoni anche la Miroglio, azienda tessile di Alba, in provincia di Cuneo, ha deciso di puntare sulla riconversione, mettendo da parte l’alta moda per dedicarsi a questo prodotto. L’ad Alberto Racca anche di fronte alla necessità di preservare i posti di lavoro ha risposto prontamente all’appello del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio e ha garantito l’arrivo di mascherine in tempi rapidi. Ecco allora che l’azienda, grazie alla tecnologia e forte dell’esperienza dei dipendenti della Stamperia di Govone e dell’Atelier Miroglio Fashion, è riuscita in poche ore a realizzare un prototipo che soddisfacesse le esigenze. Nella serata dell’11 marzo, il prototipo è stato presentato all’unità di crisi a Torino che, dopo averlo controllato, lo ha considerato idoneo. Per il momento sono state prodotte 600 mila mascherine in due settimane, le prime 15 mila sono state consegnate sabato 14 marzo, le seguenti saranno prodotte e messe a disposizione della Regione Piemonte con consegne giornaliere. A regime sarà possibile produrre circa 75-100 mila mascherine al giorno. La Bc Boncar di Busto Arsizio, in provincia di Varese, specializzata in packaging luxury per note case di moda nazionali e internazionali (tra queste Hugo Boss, Louboutin, H&M), ha iniziato la produzione di mascherine per ospedali e amministrazioni. Non si tratta di presidi medici (l’azienda non ha la certificazione), ma intanto possono essere utilizzate come prima protezione.
Non solo mascherine, ma anche ventilatori
Alla Siare Engineering, unica azienda italiana produttrice di ventilatori polmonari con base a Crespellano, nel bolognese, il governo italiano ha commissionato la produzione di 500 ventilatori al mese per quattro mesi. Per destinare le macchine solo al mercato italiano, sono state interrotte tutte le consegne all’estero e l’azienda ha già impegnato tutto il suo staff , al quale sono già stati affiancati 25 tecnici specializzati inviati dall’Esercito, alla produzione.
Nike diversifica le donazioni
Nike Inc. e la fondazione dell’azienda stanno donando più di $ 15 milioni per sostenere le comunità in cui vivono e lavorano i dipendenti Nike. Partendo proprio dagli Stati Uniti, e per la precisione dall’Oregon dove vivono circa 12mila dei suoi impiegati. Il cofondatore e presidente della Nike Phil Knight e sua moglie Penny, il vicepresidente esecutivo Mark Parker e sua moglie Kathy, e il presidente e amministratore delegato John Donahoe e sua moglie Eileen hanno deciso di donare tutti assieme $ 10 milioni. Parte di questo denaro, per la precisione 1 milione di dollari, è stato destinato all’Oregon Food Bank, 2 milioni di dollari all’Oregon Community Recovery Fund, che è stato istituito dalla Oregon Community Foundation e 7 milioni di dollari all’Oregon Health & Science University per rafforzare il coordinamento dell’assistenza statale in Oregon, per aumentare l’accesso dei pazienti e aumentare la prontezza operativa per test diagnostici estesi per COVID-19. La Fondazione Nike donerà inoltre 1 milione di dollari al Fondo globale di risposta alla solidarietà COVID-19 creato dalla Fondazione delle Nazioni Unite e dalla Fondazione svizzera per la filantropia per finanziare gli sforzi dell’Organizzazione mondiale della sanità e dei partner per sostenere i paesi che si preparano o stanno già combattendo il Coronavirus. Nike però non ha pensato solo agli Usa. La Fondazione Nike che ha già versato 1 milione di dollari al fondo di recupero della comunità dell’Oregon, ha deciso di elargire 1,1 milioni di dollari per sostenere i partner della comunità in Europa, Medio Oriente e Africa attraverso la Fondazione King Baudouin, oltreché 250mila dollari al fondo della Fondazione della Comunità OC Greater Memphis e $ 500.000 al fondo della Boston Foundation. Tutti contributi che si aggiungono all’1,4 milioni di dollari donati da Nike alla China Youth Development Foundation a gennaio per aiutare i lavoratori in prima linea con forniture e attrezzature mediche per curare i pazienti.
Ecco come i social media rispondono al coronavirus
Instagram promuove “meme informativi” mentre YouTube sulla sua homepage presenta il canale dedicato al CDC
Martedì 17 marzo, Instagram ha svelato una partnership con @DudeWithSign, un account, che vanta 6,4 milioni di follower, fondato da Seth Phillips e dal fondatore di Jerry Media, Elliot Tebele che coinvolge l’Organizzazione mondiale della sanità e mira a sensibilizzare e a fornire informazioni e aggiornamenti ai follower su COVID-19, che negli Usa ha già contagiato circa 9.000 persone, colpendo tutti gli stati. Dalla Virginia Occidentale che ha registrato il suo primo caso, ieri, alla California, lo stato di Washington e lo stato di New York, i più colpiti. Seguiti dall’Illinois.
Facebook e Instagram
Un portavoce di Facebook ha scritto in una email che l’obiettivo della partnership è quello di “creare meme informativi”.”Abbiamo lavorato con @Dudewithsign per creare meme informativi basati su informazioni accurate dell’Organizzazione mondiale della sanità per raggiungere un pubblico più ampio su Instagram e condividere informazioni accurate su COVID-19″. Agli utenti che cercano pop-up di informazioni sul Coronavirus, Facebook in cima ai risultati di ricerca evidenzia informazioni di organizzazioni sanitarie come l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e il CDC (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie). E Instagram, oltre a fornire le stesse informazioni, ha anche aggiunto una funzione nella parte superiore dei feed degli utenti che consente loro di accedere facilmente agli aggiornamenti COVID-19 dall’OMS. Ovviamente l’obiettivo non è quello di seminare il panico, ma di informare contribuendo a limitare la diffusione di informazioni errate, inviando avvisi agli utenti che hanno condiviso o tentano di condividere contenuti fuorvianti, le oramai note fake news.
Anche il presidente e amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg ha donato 10 milioni di dollari
Twitter sta lavorando per espandere la sua funzione di ricerca per fornire informazioni su COVID-19 da fonti credibili. A gennaio, ha lanciato il prompt di ricerca COVID-19 in 64 paesi e in 20 lingue in collaborazione con il CDC. Inoltre ha offerto l’opportunità alle autorità governative di promuovere annunci pubblicitari per condividere informazioni accurate sulla salute pubblica.
Tic Toc
Anche su Tic Toc è iniziata la campagna che invita le persone ‘a lavarsi bene le mani’ : #SafeHands.
Con l’aggiunta di una pagina alla sua app che offre informazioni su COVID-19 dall’OMS. “Sebbene questa risorsa non sia la ragione per cui gli utenti arrivano su TikTok, vogliamo assicurarci che sia prontamente disponibile tra i contenuti creativi di cui godono”, si legge in un post sul blog aziendale.
Netflix: fondo da 100 milioni di dollari
Netflix ha dichiarato che sta istituendo un fondo di assistenza da 100 milioni di dollari per i suoi dipendenti, non tutti ovviamente, ma solo per quelli che risiedono nelle zone colpite dal Coronavirus, che ha causato l’interruzione della maggior parte della produzione cinematografica e televisiva. “Questa comunità ha supportato Netflix durante i bei tempi e vogliamo aiutarli in questi tempi difficili, specialmente mentre i governi stanno ancora cercando di capire quale supporto economico forniranno”, ha dichiarato Ted Sarandos, direttore creativo di Netflix. La maggior parte del fondo supporterà i lavoratori di Netflix più coinvolti nel lockdown in tutto il mondo”, ha detto Sarandos, “e integrerà le due settimane di retribuzione che la società ha già accettato di pagare al cast e alla troupe per le produzioni sospese. Quindici milioni del fondo saranno distribuiti a “terzi e organizzazioni no profit che forniscono aiuti di emergenza alle troupe disoccupate”. Negli Stati Uniti e in Canada, Netflix ha dichiarato che donerà 3 milioni di dollari che destinerà dividendo questa cifra in tre parti uguali, rispettivamente a SAG-AFTRA Covid-19 Disaster Fund, al Motion Picture and Television Fund e al Actors Fund Emergency Assistance.
“Altrove, tra cui in Europa, America Latina e Asia, Netflix si sta coordinando con le organizzazioni del settore per creare simili iniziative di soccorso, ha detto Sarandos, con annunci programmati la prossima settimana per finanziare questi sforzi”.
“Quello che sta succedendo è senza precedenti”, ha concluso. “Siamo forti solo come le persone con cui lavoriamo e Netflix ha la fortuna di essere in grado di aiutare le persone più colpite nel nostro settore in questo momento difficile.”
Mentre la pandemia è in corso e il COVID-19 continua a svilupparsi, l’OMS è impegnata a collaborare con i settori dei viaggi, dei trasporti e del turismo per offrire una risposta alle emergenze
Singapore, una piccola città-stato con meno di 6 milioni di persone, che ha registrato un picco di contagi all’inizio di febbraio, dopo 15 giorni è stata superata per numero di contagi dalla Corea del Sud e a ruota da altri Paesi Europei e ora dagli Stati Uniti.

L’Italia il paese, in rapporto al numero della popolazione, con più contagi nel mondo
I numeri poi vanno letti e confrontati in proporzione e anche in base al numero di abitanti di un Paese. La Cina per esempio che è uno dei paesi più popolati al mondo con 1 miliardo e 500 milioni di abitanti, ad oggi (dati aggiornati al 17 marzo 2020) secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha registrato 81.116 casi di contagi, dei quali solo 39 nuovi, e 3.231 decessi (solo 13 in più fino a ieri). In Italia fino a ieri i numeri dei contagi avevano raggiunto quota 27.980, 3.232 sono stati i nuovi casi di contagio registrati nelle ultime ore e i decessi sono arrivati a quota 2.503 (+ 349 nelle ultime ore). L’Italia quindi in proporzione ha registrato il record di contagi in tutto il mondo
Le motivazioni per cui l’Italia vanti questo triste primato vanno ricercate sono in primis nel ritardo con cui è stata affrontata l’allerta virus. Gli sforzi ci sono stati, ma sono non stati immediati per rintracciare e isolare gli infetti. Per esempio, limitando nell’immediato i viaggi di qualsiasi tipo, riducendo anche il numero di biglietti di accesso al trasporto, (N.d.R. solo ieri la metropolitane di Milano risultavano ancora piene di persone), attivando controlli serrati negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, oltre che nelle metropolitane, chiudendo scuole e tutti i negozi subito, eccetto quelli di prima necessità come i supermercati e quelli di alimentari. Va bene, dobbiamo ammetterlo l’Italia non era pronta, e anche sulle misure economiche per sostenere l’economia ci sarebbe tanto da dire. Sicuramente altri Paesi dell’Asia orientale che avevano già affrontato la SARS, anch’essa originaria della Cina, avevano già un know how e protocolli collaudati per affrontare più efficacemente l’emergenza, ma questo non può essere una giustificazione valida.
A Singapore, Taiwan e Hong Kong, l’esperienza della lotta contro l’epidemia di SARS del 2003, che ha infettato circa 8.000 persone e ne ha uccise quasi 800, ha contribuito a garantire che i residenti prendessero sul serio i rischi segnalati dagli esperti
“La SARS è stata il nostro battesimo del fuoco”, ha detto Leong Hoe Nam, specialista in malattie infettive all’ospedale Mount Elizabeth Novena di Singapore ad Ap, ” e siamo stati costretti a imparare tutto nuotando nella parte più profonda della piscina. Dopo l’epidemia di SARS, quando 238 persone sono state infettate e 33 sono morte”, ha proseguito Hoe Nam, “Singapore ha rinnovato il suo già eccellente sistema sanitario, redigendo nuovi protocolli per contenere le epidemie. Ha istituito “centri per la febbre” per isolare i casi sospetti, investito in attrezzature e migliorato la formazione nella gestione delle malattie infettive. Quindi, quando è stato scoperto il primo caso di COVID-19, Singapore era pronta ad agire”.
Il National Health Health Laboratory, istituito dopo la SARS, è stato preparato per i test accelerati, utilizzando la diagnostica avanzata e kit di test COVID-19 di nuova concezione. I rapidi test e l’isolamento dei casi sospetti e la scrupolosa traccia dei contatti, aiutati dalla polizia, dai video di sorveglianza e dai registri ATM, hanno contribuito a prevenire il diffondersi di focolai locali”, ha spiegato sempre ad Ap, Tikki Pangestu, professore ospite presso la Lee Kuan Yew School of Public Policy ed ex direttore della politica di ricerca dell’OMS e dipartimento di cooperazione. “E una volta confermato il primo caso COVID-19, Singapore ha intrapreso “una diligente tracciabilità dei contratti, vietando l’accesso a persone che arrivavano da paesi con infezioni da virus endemico, i servizi di culto, le scuole e le assemblee di massa”.
Finora, 5.700 persone sono state messe in quarantena

Anche in Tailandia, gli operatori della sanità pubblica sono andati porta a porta per rintracciare i contatti, ha dichiarato Thanarak Plipat, vicedirettore generale del Dipartimento per il controllo delle malattie del Ministero della sanità ad Ap. “Questo è un vecchio modo di testare la salute pubblica, ma ha funzionato”.
I cluster recentemente confermati hanno mostrano che una cena, un incontro di boxe o un incontro religioso possono annullare settimane di lavoro
Inizialmente, si pensava che la Germania avesse preso le giuste precauzioni per rallentare la diffusione, ma le infezioni poi sono balzate a 9.360. Quindi bisogna rispettare la quarantena. Al momento è difficile fare previsioni sulla fine di questa allerta. Ma quello che è certo è che meno saremo diligenti, meno saremo in grado di rispettare le regole alle quali ci hanno chiesto di attenerci, con più ritardo riusciremo a scrivere la parola fine su questa pagina di storia mondiale.





fonte: data OMS