[gtranslate] LE MANOVRE POLITICHE, DOPO LA CADUTA DEL GOVERNO DRAGHI - WHAT-U

Il premier dimissionario Mario Draghi

Oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella compie 81 anni. Un compleanno che non festeggerà con leggerezza visto che  per gli Italiani, dopo lo scioglimento delle Camere, si prospetta un periodo in salita.  Sia dal punto di vista delle scadenze, in primis quelle dettate dal PNRR, che se non rispettate potrebbero farci scappare l’opportunità di incassare milioni e milioni di euro, sia  per le elezioni politiche ( 25 settembre), che seppur giuste visto che Draghi non ha più incassato la fiducia non solo dei grillini ma di tutto il centrodestra, non saranno una passeggiata. Come già si evince dalle dichiarazioni della Meloni in un’intervista a La Stampa ripresa da ANSA. “Chi prende più voti andrà a Palazzo Chigi, lei è pronta e lo è anche Fdi”, ha detto Giorgia Meloni intervistata dal quotidiano La Stampa. “Il centrodestra può vincere le elezioni. Nessun rischio dal voto, e sulle riforme Fdi garantirà disponibilità perché si arrivi alle scadenze in tempo utile”.  E poi sul rapporto con gli alleati, ha aggiunto: “Via i tatticismi, bisogna compattarsi e battere l’avversario: il Pd. Da tempo lavoriamo alla costruzione di un programma. A differenza della sinistra, non ci dobbiamo inventare un’identità. Le nostre proposte si conoscono, si tratta di ribadirle”.

E parlando alla campagna elettorale ha proseguito dicendo: “Il centrodestra può vincere le elezioni, ma governerà in una fase complessa. Nel programma comune dovremmo concentrarci sulle cose che si possono fare. Meglio mettere una cosa in meno, che una in più che non si può realizzare”. Ed è presto per parlare di nomi. “Dovremmo prendere tutto il meglio che c’è. Senza pregiudizi”. Quanto alla scelta del premier, in caso di vittoria, ha sottolineato: “Chi vince governa, questa regola ha sempre funzionato, non abbiamo nemmeno il tempo di cambiarla”. E sul PNRR ha detto: “Garantiremo la nostra disponibilità affinché si arrivi alle scadenze in tempo utile. Se non otteniamo dei soldi è perché il governo non ha lavorato bene”. E poi sull’Ucraina nessun dubbio. “Sostenerla è stata una delle decisioni più facili della mia vita”, ha concluso.

Sul fronte Pd fanno sapere che ora occorre percorrere la strada delle alleanze. “Faremo una proposta basata sulle nostre idee, per vincere le elezioni e sarà rivolta a tutti, tranne a chi non ha votato la fiducia”. Quindi, il M5s è fuori. Con tanti paletti di cui tenere conto. Per esempio, Matteo Renzi pare essere un ospite poco gradito: alcuni ambienti del Nazareno ritengono che i “pro” di un patto con lui siano meno dei “contro”. Poi non tutti vogliono chiudere la porta al M5s dal leader di Articolo Uno, Roberto Speranza a quello di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni.
Carlo Calenda invece continua a dire no a un’alleanza di centrosinistra: “Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in cartelli elettorali che vanno dai Verdi a Di Maio. I tempi sono stretti: le elezioni fissate al 25 settembre impongono il deposito dei simboli entro la metà di agosto. Per definire le candidature c’è una settimana in più. I giochi, quindi, si faranno nei prossimi giorni”.

Martedì Letta riunirà la direzione. Il segretario del Pd sa perfettamente che la rottura col M5s non ha il consenso di tutta la sinistra anche solo per un calcolo sulle possibilità di vittoria nei collegi uninominali al sud. Ma la maggioranza del Pd è compatta sulla linea del no e quella linea lui dovrà seguire. Conscio del fatto che nel Pd ci sono posizioni diverse anche sulla riforma della Giustizia Per il ministro Andrea Orlando, “il punto fondamentale è ripartire dal Pd. Il Pd non deve caratterizzarsi in funzione delle alleanze che fa ma della proposta politica che vuole mettere in campo, del programma con cui si candida a cambiare il paese”. Il progetto di Letta è vicino a quello di Luigi Di Maio. “Si sta delineando un’area di unità nazionale che si contrappone sicuramente a Conte e a Salvini”, ha detto il ministro degli Esteri, “ma anche a una destra che ha scommesso per far cadere questo Governo”.

“Credo che il M5s abbia commesso un errore grave in Senato, ma l’avversario resta la destra”, ha spiegato Speranza, lasciando la porta aperta al Movimento. Che però, pare volere prendere altre direzioni: “In queste ore”, ha detto Giuseppe Conte, “leggo diverse dichiarazioni arroganti da parte del Pd. Non accettiamo la politica dei due forni”.

“In vista delle prossime elezioni serve un Polo del buonsenso”, ha detto il leader di Italia Viva Matteo Renzi, critico sulla scelta del segretario del Partito democratico Enrico Letta di chiudere sul ‘campo largo’. “Hanno già deciso di perdere e si attrezzano per fare opposizione”, ha aggiunto Renzi. “Se questo è il disegno, Letta rischia di essere il segretario di un partito che lascia per la prima volta la maggioranza assoluta alla più estrema destra del panorama europeo. Non capisco la scelta dem. Magari prendono il 25%, ma lasciano alla Meloni e a Salvini la possibilità di cambiare la Costituzione da soli. Se davvero fosse così, auguri”. Poi sulla caduta del governo il premier di Iv ha detto: “Far cadere il presidente del Consiglio Mario Draghi è stato “un autogol”. Stavamo giocando una partita decisiva, da campioni d’Europa in carica. Draghi è un premier che ha sostituito il populista grillino solo grazie al coraggio lungimirante e forse un po’ folle di Italia Viva”, ha sottolineato Renzi.

E ora col PNRR?

Lo scorso 30 dicembre il governo italiano ha spedito alla commissione europea la domanda di erogazione per una nuova tranche di fondi assegnati al nostro paese nell’ambito del Next generation Eu inviando anche la documentazione relativa al raggiungimento di tutti i traguardi e gli obiettivi fissati dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il 2021.

All’Italia nell’ambito del Pnrr sono stati assegnati circa 190 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni. Tali risorse tuttavia non saranno erogate in un’unica soluzione ma in rate successive. Un primo pre-finanziamento pari a 24,9 miliardi di euro è stato erogato lo scorso agosto. L’Italia è adesso in attesa del primo finanziamento vero e proprio pari a circa 21 miliardi.

L’erogazione delle risorse tuttavia non deve essere data per scontata perché è subordinata al rispetto di una rigida tabella di marcia che prevede, per ogni intervento contenuto nel Pnrr, l’espletamento di precise scadenze.

Ogni misura contenuta nel Pnrr deve essere completata rispettando un rigido cronoprogramma che prevede il raggiungimento di scadenze intermedie e finali. Queste si suddividono in obiettivi (milestone) e traguardi (target). Il rispetto del cronoprogramma è fondamentale per non perdere i fondi europei.

Il Pnrr italiano prevede il completamento di scadenze alla fine di ogni trimestre fino al 2026. Ma le istituzioni europee effettuano una verifica sullo stato di avanzamento dei lavori solo 2 volte all’anno. Dall’esito positivo delle verifiche dipende l’erogazione delle rate successive. Per questo è fondamentale per gli stati membri non ritardare l’invio di tutta la documentazione necessaria. Quale rischio si corre?

La commissione può decidere di bloccare l’erogazione delle risorse nel caso di gravi ritardi o inadempienze oppure nella migliore delle ipotesi se uno stato non rispetta le scadenze previste non potrà presentare in tempo le richieste di finanziamento. Di conseguenza, soprattutto nel lungo periodo, il rischio è quello di non riuscire ad accedere alle risorse anche se queste sono già state assegnate.

Per il 2022,  le scadenze da rispettare sono in totale 100 ossia quasi il doppio rispetto alle scadenze che l’Italia ha dovuto conseguire nel 2021 (erano 51). Di cui 83 milestone e 17 target. A giugno le scadenze da completare erano 38 di cui 1 target. A dicembre invece saranno 51 di cui ben 16 target.


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