[gtranslate] BASSETTI LANCIA UN APPELLO SUL VAIOLO DELLE SCIMMIE ALLA COMUNITÀ GAY E LGBTQ+. ALTI I CONTAGI. IL VACCINO SALVA VITE - WHAT-U

Il professor Matteo Bassetti

Gli italiani si pongono nuove domande sui contagi, si pensa già a settembre, ai possibili danni della variante Omicron. Ci si domanda se è opportuno o meno fare la quarta dose e se le persone possono ammalarsi gravemente o morire di vaiolo delle scimmie. Perciò What-u ha intervistato il professor Matteo Bassetti, Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova per sentire il suo parere sulle questioni più dibattute.

Contagi a fisarmonica. A che punto siamo in Italia con la curva dei contagi? Quale il motivo dell’aumento a macchia di leopardo?

«Siamo in una fase endemica della pandemia e già da ora dovremo abituarci a questi continui sali e scendi dei numeri dei contagi. Con una caratteristica diversa rispetto ai virus che avevamo visto fino ad oggi. Per esempio, noi i virus influenzali li avevamo visti colpire le persone nella stagione fredda con un unico picco. Invece ora con questo virus così contagioso dovremo abituarci al fatto che non ci sarà più differenza tra estate inverno, primavera e autunno, questo virus non conosce il cambio di stagione, quindi quando crescono i contagi non bisogna più allarmarsi come nel passato, perché è consequenziale che persone si ammalino. Però il vantaggio ora è che ci si ammala in maniera differente. E si guarisce dal Covid restando a casa».

Quindi bisogna mettere al bando gli allarmismi?

«Sì perché la situazione è molto chiara. Nel 2020-2021 ogni volta che crescevano i contagi si moltiplicavano i ricoveri, i morti, ora invece le persone che vengono ricoverate sono asintomatiche al nuovo Coronavirus, che  significa che hanno contratto il virus senza manifestarne i sintomi, e spesso hanno invece altre patologie. Quindi per il futuro dobbiamo cambiare il paradigma con cui affrontiamo questa infezione dando dei numeri diversi da quelli che abbiamo dato sino ad oggi. Non va più bene dire alla gente, in ospedale entrano 100 persone con tampone positivo, dobbiamo dire che sono state ricoverate 100 persone positive di cui 20 con polmonite e 80 asintomatiche. E così bisogna fare anche per i decessi. Se uno muore per infarto, ictus, e ha anche il tampone positivo dovremo dire che è un paziente morto per complicanze riferibili ad altre patologie e incidentalmente era anche positivo al Covid. Questo è importante sottolinearlo altrimenti si crea un grande danno alla campagna vaccinale».

C’è chi ancora fa notare che lo scorso anno in estate il virus sembrava debellato invece poi a settembre ha presentato un conto salatissimo

Il virus originale era un virus molto diverso sotto il profilo della capacità di contagiare rispetto a quello di oggi. La gente deve pensare che la situazione è in continua evoluzione. Quelli che erano i dettami, le conoscenze degli anni passati, di questo virus respiratorio considerato il più contagioso della storia moderna, sono cambiate nel 2022, perciò è evidente che ci si deve porre in maniera differente. Quello che deve interessare e si deve domandare la gente è: quante delle persone che si contagiano fanno la forma grave? Quante delle persone che si contagiano e sono vaccinate vanno in rianimazione o muoiono? E la mia risposta a quest’ultima domanda è che sono oramai molto poche, perché il vaccino è in grado di offrire un ottimo scudo e frenare l’evoluzione verso la forma grave. Quindi chi ora si ammala di Covid e guarisce stando a casa non rappresenta un problema o un allerta dal punto di vista sanitario».

L’immunologo americano Anthony Fauci in America parla di 300-400 morti al giorno causati dall’ultima variante Omicron Ba5…

«Negli Stati Uniti non sono numeri spaventosi anche perché la è popolazione complessiva è di oltre 330 milioni di persone. E poi ci dimentichiamo spesso che prima si moriva anche di influenza. Nel 2019  si contavano 20.000 morti all’anno per l’influenza. Quindi quello che è importante oggi è avere più gente possibile della popolazione mondiale vaccinata. Soprattutto le fasce più deboli. Ora che abbiamo vaccinato buona parte delle fasce più ricche è arrivato il momento di pensare a quelle più deboli, quindi ai paesi più poveri, nell’Europa dell’Est, in Africa, in Asia, nel Sud America, anche in questi posti dobbiamo arrivare ad avere le stesse percentuale di copertura vaccinale che abbiamo nei paesi più evoluti perché solo in questo modo riusciremo a limitare la circolazione del virus e forse tra due-tre anni riusciremo pure a sconfiggerlo definitivamente».

Quindi potrebbe sparire dalla circolazione?

«Sconfiggere definitivamente questo virus non significa che questo virus sparirà perché oramai rimarrà per sempre in circolazione latente come tanti altri virus, ma l’importante è questo virus non faccia più morire le persone. Quindi dobbiamo arrivare ad avere una copertura vaccinale dell’80-85% della popolazione mondiale. L’obiettivo del 2022-2023 deve essere quello di salvaguardare le fasce più deboli all’interno dei paesi già vaccinati, partendo dalla quarta dose da fare a settembre per le persone più anziane e più fragili, e poi vaccinare nel resto del mondo chi non è mai stato vaccinato».

Chi ha contratto il Covid, quanto tempo deve aspettare prima di assumere la terza (per chi non l’ha fatta) o la quarta dose?

«Diciamo ragionevolmente che in media si consiglia un’attesa tra i 2 e i 3 mesi, quindi trascorse 6-8 settimane è possibile già vaccinarsi».

Quali società stanno lavorando ai nuovi vaccini anche contro le varianti?

«Pfizer e Moderna hanno annunciato presentato un dossier per l’approvazione dei vaccini aggiornati da 1 a 5. Quindi a settembre dovremmo avere almeno un vaccino per le varianti approvato.

Il quotidiano La Verità ha pubblicato un articolo nel quale si affermava che dai dati, recentemente pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss), risulterebbe che i vaccini contro il nuovo Corovavirus mostrerebbero un’ efficacia negativa. Secondo questa teoria, chi si è vaccinato con tre dosi risulterebbe più a rischio di ammalarsi rispetto a chi non ha completato il ciclo vaccinale o non si è vaccinato affatto. Cosa risponde a queste dichiarazioni pubblicate dal quotidiano in questione?

«Se si dice che tutti quelli che hanno un tampone positivo muoiono di Covid stiamo facendo cattiva informazione sui vaccini. Perché nella realtà chi ha il tampone positivo, può morire a causa di un’altra patologia e non esclusivamente di Covid. I vaccini funzionano e lo scopo principale del vaccino è quello di evitare morti e di creare uno scudo vero e proprio».

Ci riassume le terapie attualmente approvate per la cura del Covid-19?

«Noi oggi abbiamo una lista di farmaci utili per curarsi dal Covid. Tre antivirali, due a prescrizione ospedaliera uno a prescrizione territoriale che sono si possono utilizzare per curare le fasce più deboli. Abbiamo il cortisone che è un caposaldo soprattutto a livello ospedaliero nelle forme più impegnative quando c’è desaturazione, abbiamo 3 potentissimi anti TNF utili per curare le infiammazioni più gravi, inoltre abbiamo un’ampia scelta di monoclonali e antiinfiammatori che si possono utilizzare. Insomma oggi abbiamo delle conoscenza sul Covid molto profonde e precise e se un paziente muore di Covid uno deve domandarsi cosa non è riuscito a fare. Personalmente sono mesi che non vedo morire un paziente per  complicanze causate dal Covid.  Nel mio reparto ora ho una signora di 89 anni non vaccinata perché ha deciso di non vaccinarsi che stiamo curando con analisi, strumenti, conoscenze che prima non avevamo. Se questa signora fosse arrivata nel 2020 probabilmente sarebbe già morta».

Come giustificare le morti che comunque tuttora avvengono a causa del Covid?

«Io sono convinto che i numeri di coloro che muoiono a causa del Covid sono bassissimi. E come ho già detto non bisogna fare, di tutta l’erba un fascio. Se davvero morissero ogni giorno 150-200 persone solo a causa del Covid significherebbe solo una cosa, ossia che il sistema non funziona. Ma io ho troppa fiducia nei medici italiani che oramai hanno imparato a capire come si cura il Covid e a evitare il peggio».

Dopo oltre due anni dall’inizio della pandemia di Covid-19, abbiamo imparato molto sul virus SARS-CoV-2, al contrario, sappiamo ancora poco sul cosiddetto long Covid o post Covid, di cui spesso si parla e che in parte sta generando anche un discreto allarme. Cosa si può dire in più?

«Chi ha contratto il Covid tra marzo 2020 e aprile 2021 purtroppo ha avuto in una percentuale elevata problemi di saluti che una volta guarito si sono protratti per settimane e mesi. E in questo caso parliamo di long Covid. In questa fase credo ci sia un’eccessiva enfatizzazione del long Covid perché nel mio reparto per esempio sono arrivare persone alle quali era stato diagnosticato il long Covid dal medico di famiglia e invece avevano problematiche differenti. In Italia sono stato fra i primi ad aprire un laboratorio di Long Covid, ma ora non vorrei che oggi facessimo un sistema tolemaico della medicina dove è tutto collegato al Covid e perdendo per strada qualcosa della medicina tradizionale. Oramai se uno dice di essere stanco si pensa subito che il problema sia il Covid escludendo tutto il resto. Le malattie infettive hanno sempre avuto degli effetti post infezione, basta pensare alla mononucleosi, che lascia strascichi che durano per molto tempo».

C’è chi dice di avere stanchezza da molto più tempo?

«Io ho avuto un paziente  che ha avuto una crisi ipertensiva e il suo medico gli aveva detto che probabilmente era dovuta al Covid. Gli ho fatto fare un’ecografia e la diagnosi era un’altra. Nel nostro Paese per 3 anni abbiamo dedicato tutte le nostre risorse al Covid e un po’ si è persa la capacità di diagnostica. Non vorrei che il long e post Covid diventino un bersaglio. Anche perché nel resto del mondo il Covid non è più un problema, Invece da noi è ancora un problema. Dobbiamo cambiare strada. Dobbiamo tornare a fare la prevenzione dei tumori, degli infarti vascolari, dell’ictus. Bisogna fare attenzione affinché sotto il cappello del post e long Covid non finiscano patologie che con il virus del 2020-2021 non c’entrano nulla. Ecco perché occorre andare a fondo».

Ad oggi qual è la percentuale degli effetti collaterali da vaccino?

«Secondo il report di AIFA pubblicato un paio di settimane fa, gli effetti negativi hanno una percentuale bassissima ossia dello 0,02 per cento. E nella maggior parte dei casi le patologie sono state risolte. Da tenere presente è il fatto che anche per altri vaccini, da quello del morbillo, a quello della varicella, della rosolia, insomma con tutti i vaccini occorre mettere in conto dei rischi. Dopodiché bisogna mettere sulla bilancia i benedici e i danni. E per me ci sono più benefici per chi si vaccina. I vaccini sono medicinali e in quanto tali hanno anche loro degli effetti collaterali da fare interpretare da un medico».

Vaiolo delle scimmie a chi consiglia il vaccino?

«Sono 30mila in tutto il mondo, ma che riguardano una popolazione molto ristretta. Su questo dobbiamo focalizzare la nostra attenzione. Trentamila contagi che colpiscono nel 97% giovani uomini tra i 20 e i 40 anni omosessuali.  Quindi i numeri non sono piccoli.  E contagio si trasmette nella maniera più classica ossia per contatto diretto per via sessuale.  E’ urgente, tenuto conto dell’aumento in questa fascia ristretta, che si faccia una campagna vaccinale dedicata ai. giovani omosessuali. Qualcuno quando l’ho detto per la prima volta mi ha accusato di omofobia,  ma io non sono assolutamente  omofobo. Io di mestiere faccio il medico e il medico deve consigliare la vaccinazione alle categorie più a rischio. Io non devo fare opinione e parlare socialmente dell’argomento, per me un soggetto omosessuale tra i 20 e i 40 anni è esattamente come il bronchitico cronico di 70 anni cui consiglio vaccinazione anti-pneumococco. Bisogna guardare in faccia alla realtà».

Si può immaginare uno scenario simile a quello dell’Aids?

«Ci assomiglia molto, la differenza per fortuna è che questa malattia poi si autolimita, non attacca il sistema immunitario e non compromette le funzioni generali. E soprattutto ha una mortalità risibile. Dopodiché quello che sarà l’impatto futuro lo vedremo perché è chiaro che più l’infezione cresce più le persone più fragili potrebbero avere più complicanze rispetto ad altri. Abbiamo un vaccino, usiamolo. E al più presto per fare una campagna mirata senza timori facendosi aiutare dalle associazioni Arcigay, LGBTI sensibilizzando tutti attraverso i loro canali invece di parlare alla popolazione in generale».

La prossima sfida dal punto di vista infettivologico?

«Continuare a studiare i batteri resistenti agli antibiotici e far diventare più tecnologico il mondo medico attraverso l’uso dei fascicoli sanitari elettronici, con la telemedicina, la teleassistenza e fare in modo che la tecnologia si renda tutto più fruibile e più semplice. Se ora un medico va a visitare i malati a casa ne vede 5 con la telemedicina ne potrebbe visitare 20. E questo sarebbe un passo avanti tenuto conto che della manodopera medica che scarseggia, dei numeri chiusi alle facoltà di medicina delle università, dell’esodo di molti giovani medici all’estero a causa dei bassi salari in Italia e delle condizioni di grande stress con il quale spesso devono fare i conti nei pronto soccorsi e in corsia».

Lei si è detto critico riguardo la riforma della medicina di base. Per quale motivo?

«Perché io sono profondamente contrario alle case di comunità come sono state pensate dal piano del ministero della Salute. I medici bisogna metterli nella condizione di lavorare al meglio. Come si fa a pensare di inserirli 7 giorni su 7, con una reperibilità h24, se scarseggiano pure negli ospedali? E nei pronto soccorsi?»


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