La lotta tra davide e Golia alla fine è finita con la sconfitta di Golia. Per tre anni, Juan Guaidó ha guidato gli sforzi dell’opposizione venezuelana per indire nuove elezioni e rimuovere il presidente socialista Nicolás Maduro, ma alla fine venerdì scorso, dozzine di politici che una volta lo sostenevano, hanno votato a favore della sua rimozione al fine di sciogliere il suo governo e nominare una commissione per governare le attività estere del paese.
Un voto riflette un mutato equilibrio di potere in un momento in cui si sta cercando di trovare nuovi modi per entrare in contatto con gli elettori in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Ben tre dei quattro principali partiti di opposizione venezuelani hanno votato la proposta di rimuovere Guaidó, che era sostenuto solo dal suo partito Volontà Popolare. “Ciò creerà un “vuoto di potere” che incoraggerà più nazioni straniere a riconoscere l’amministrazione Maduro”, ha dichiarato l’ex presidente ad interim, che ora paga lo scotto di avere perso la fiducia dei venezuelani e anche dei suoi un tempo fedelissimi per non essere riuscito a mantenere le promesse fatte di un vero cambiamento del Paese. “Senza un governo ad interim”, ha detto Guaidó, “siamo saltati nell’abisso. E rinunciato a uno strumento importante nella nostra lotta”. Ma dichiarazione di Luis Silva, un membro del partito Azione democratica che ha partecipato alla sessione online per il voto lasciano intendere che questa estromissione è senza ritorno. “È con il cuore pesante che voto”, ha detto Silva. “Non siamo riusciti a prendere una decisione unanime, ma dobbiamo cercare nuove strategie”.
Guaidó salito alla guida dell’opposizione nel 2019, quando era presidente dell’allora legislatura controllata dall’opposizione, che aveva iniziato il suo mandato quinquennale nel 2015 dopo quelle che molti osservatori consideravano le ultime elezioni eque del Venezuela.
L’Assemblea nazionale aveva sostenuto che Maduro avesse vinto il suo secondo mandato presidenziale illegalmente nel 2018 perché ai suoi principali rivali era stato vietato di candidarsi. Quindi i legislatori dell’opposizione hanno creato un “governo ad interim”, guidato da Guaidó, che doveva durare fino a quando Maduro non si fosse dimesso e si potessero tenere libere elezioni. Guaidó organizzò proteste in Venezuela, e poi venne riconosciuto come il legittimo leader della nazione dagli Stati Uniti e da dozzine di governi europei e latinoamericani che hanno rifiutato il governo di Maduro. Alla sua amministrazione ad interim venne anche dato il controllo dei beni del governo venezuelano all’estero che erano stati congelati, tra cui Citgo, la raffineria di petrolio con sede a Houston. Poi col passare del tempo, la situazione invece di migliorare è peggiorata. E la continua lotta contro l’inflazione che ha eroso i risparmi dei venezuelani e il clima di incertezza hanno allontanato il popolo dal suo paladino. Un sondaggio condotto dall’Università Andres Bello del Venezuela a novembre, ha rivelato che solo il 6% dei venezuelani ha dichiarato che avrebbe votato per Guaidó se avesse partecipato alle primarie presidenziali del prossimo anno. Inevitabile quindi il cambio di guardia. In un’intervista con la tv statale Vtv, Maduro il 5 settembre del 2021, disse che “gli Stati Uniti si erano scelti un fantoccio, un burattino (il riferimento era al leader oppositore Juan Guaidó, ndr.) per ottenere un rovesciamento di un governo nazionale e la distruzione della rivoluzione”. E riguardo la sua impunità aggiunse: “Ci deve essere una giustizia severa per i molti danni che lui ed i suoi hanno fatto al nostro Paese, con l’alienazione incoraggiata delle compagnie venezuelane Citgo e Monomeros, il blocco di oltre 8.000 milioni di dollari all’estero e di 2.200 milioni di dollari d’oro congelati nella Banca d’Inghilterra. E anche per le sanzioni che hanno proibito le esportazioni ed il libero commercio per il Venezuela”. Al momento l’unica punizione è quella di un abbandono di massa. Ma non sarà l’unica.