Amanda Knox la 36enne statunitense, assolta in via definitiva per l’assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia nel novembre del 2007, dopo 13 anni è tornata in un’aula di un tribunale italiano, per la precisione a Firenze, perché accusata di calunnia da Patrick Lumumba, il barman del locale dove lei all’epoca dell’omicidio di Perugia lavorava saltuariamente e che aveva indicato come presunto colpevole. L’uomo per questa accusa entrò a pieno titolo nell’elenco dei sospettati per il delitto, assieme a lei e a Raffaele Sollecito e finì in carcere due settimane. Poi, risultando totalmente estraneo ai fatti, come la Knox e Sollecito ma solo dopo un tortuoso iter processuale il 27 marzo 2015, venne giudicato non colpevole e quindi fu prosciolto.
Amanda che ha tentato una nuova, accorata, difesa per liberarsi dell’ultima macchia giudiziaria che le è rimasta dopo l’efferato omicidio, parlando di Lubamba ha detto: “Lui si è preso cura di me, mi ha consolato dopo la perdita della mia amica. Mi dispiace che abbia sofferto, ma non l’ho mai calunniato” ha detto in aula. Invece un memoriale scritto in inglese prima di essere portata in carcere è stato sufficiente ai giudici toscani per ritenerla responsabile di averlo accusato “consapevole della sua innocenza”, come prevede il reato.
Alla lettura della sentenza l’americana è scoppiata in lacrime. “Sono delusa, non me lo aspettavo” ha detto ai suoi difensori, Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati che le erano accanto. Poi se n’è andata via, con il marito Chris Robinson. Senza fare commenti con i tanti giornalisti e cineoperatori arrivati a Firenze dagli Sati Uniti e dall’Inghilterra, il paese di Meredith Kercher, la ragazza uccisa il 1 novembre del 2007. “Pensava di mettere un punto fermo” hanno commentato i suoi legali. Che ora si preparano a un nuovo ricorso in Cassazione. La giornalista e scrittrice di Seattle era arrivata a Firenze dagli Usa carica di speranze. Per “scagionare” il suo “nome una volta per tutte dalle false accuse”.
Il nuovo processo per calunnia è stato disposto dalla Cassazione che, accogliendo il ricorso dei suoi legali, ha annullato la condanna dopo la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla violazione delle garanzie della difesa. Minata quindi “in partenza” la possibilità di utilizzare quale corpo del reato le dichiarazioni rese la notte del 6 novembre del 2007, quando venne poi fermata, e che chiamavano in causa Lumumba. È rimasto dunque solo il memoriale “non compresso” scritto, in inglese, prima di essere portata in carcere, rimesso alla valutazione della Corte di Firenze per dire “se contenga effettivamente dichiarazioni accusatorie nei confronti di Lumumba formulate nella consapevolezza della sua innocenza”. Nello scritto la Knox sosteneva di “dubitare fortemente” delle sue dichiarazioni precedenti, “fatte in uno stato di choc, stress e profonda prostrazione”. “Non sono sicura che si tratti di eventi effettivamente accaduti” aveva scritto.
Amanda durante la sua deposizione ha parlato in italiano alla Corte facendo dichiarazioni spontanee. “Chiedo umilmente di dichiararmi innocente” le sue parole. La colpa a suo dire è degli investigatori, che all’epoca dei fatti “erano troppo occupati ad arrestare un innocente e a dire alle telecamere che il caso era chiuso”. Poi ha ribadito di “non essersi mai sentita così vulnerabile” come in quel momento. Ma se la Knox in passato usando lo stesso stile umile nell’immaginario collettivo è apparsa come una vittima anche Oltreoceano per molti suoi illustri conterranei e tutt’oggi continua ad esserlo, di parere opposto è Lumumba che ha definito la sentenza “giusta e meritata”. “È vero, eravamo amici con Amanda, – ha sottolineato – ma non si pugnalano gli amici nelle spalle, e invece Amanda mi ha pugnalato”. “Lo ha fatto – ha concluso – e non mi ha chiesto scusa”.
La giuria composta da due giudici, sei giurati e due riserve, ha raggiunto la sua decisione dopo che un’emozionata Knox ha detto alla corte che era “dispiaciuta” di non essersi sforzata di ritrattare l’accusa e che era una giovane in crisi esistenziale, quando lei lo ha accusato.
“Amanda è molto turbata dall’esito”, ha detto mercoledì fuori dal tribunale il suo avvocato Carlo Dalla Vedova, aggiungendo che il suo team legale è rimasto sorpreso dalla sentenza. “Stava cercando di risolvere tutto questo, 17 anni fa, (della) procedura giudiziaria.”
Ora il giudice ha 60 giorni per scrivere la motivazione o le motivazioni alla base della decisione. Successivamente, gli avvocati avranno altri 60 giorni per presentare ricorso alla Corte Suprema sulla base dei dettagli della motivazione. Dalla Vedova ha detto che valuterà il diritto di ricorrere in appello solo dopo aver letto la sentenza.
Il commento dell’ avvocato di Meredith Kercher
Dopo la condanna di Amanda Knox per calunnia a Patrick Lumumba “rimane aperta una domanda fondamentale: per chi e per cosa l’ha fatto?” A sottolinearlo è l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia di Meredith Kercher. I familiari della studentessa inglese costituiti parte civile nei processi per l’omicidio non sono stati coinvolti nel procedimento per calunnia. E commentando con l’ANSA la sentenza fiorentina, l’avvocato Maresca ha parlato di “ombre che continuano a restare sul delitto”.
L’omicidio di Meredith
L’omicidio di Meredith Kercher, noto anche come delitto di Perugia o delitto di Via della Pergola, è stato commesso a Perugia la sera del 1º novembre 2007. Meredith che era una studentessa inglese che si trovava in Italia nell’ambito del progetto Erasmus e frequentava l’Università di Perugia, venne trovata priva di vita con la gola tagliata nella propria camera da letto, all’interno della casa che condivideva con altri studenti. La causa della morte fu un’emorragia a seguito di una ferita al collo provocata da un oggetto acuminato usato come arma. Per omicidio è stato condannato in via definitiva con rito abbreviato per concorso in omicidio solo uno dei ragazzi coinvolti nel caso, Rudy Guede, che ha ottenuto la semilibertà nel dicembre 2019 e due mesi dopo l’affidamento ai servizi sociali (ed ora è di nuovo indagato per violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti nei confronti della sua ragazza). Il processo ha avuto un iter giudiziario particolarmente travagliato. In primo grado, come concorrenti nell’omicidio, furono condannati dalla Corte d’assise di Perugia nel 2009 anche la statunitense Amanda Knox e l’italiano Raffaele Sollecito. I presunti coautori del delitto furono successivamente assolti e scarcerati dalla Corte d’assise d’appello nel 2011 per non avere commesso il fatto (relativamente all’omicidio), mentre per Amanda Knox fu confermata la condanna a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba (da lei accusato dell’omicidio e risultato estraneo ai fatti). Decisive furono le perizie che escludevano la certezza della presenza sulla scena del crimine dei due imputati. La Corte di cassazione, accogliendo il ricorso della Procura Generale di Perugia, il 26 marzo 2013 annullò la sentenza assolutoria d’appello e rinviò gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. Per il procuratore generale di Perugia Giovanni Galati, la sentenza di assoluzione era “da cassare” poiché minata da “tantissime omissioni”, “errori” e, quindi, da “inconsistenza delle motivazioni”. Il 30 gennaio 2014 la Corte d’assise d’appello di Firenze sancisce nuovamente la colpevolezza degli imputati condannando Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni di reclusione e applicando a quest’ultimo la misura cautelare del divieto di espatrio con ritiro del passaporto. Il 27 marzo 2015 la quinta sezione penale della Corte di cassazione, presieduta dal consigliere Gennaro Marasca, annulla senza rinvio le condanne a Raffaele Sollecito e Amanda Knox, assolvendoli per non aver commesso il fatto, affermando la mancanza di prove certe e la presenza di numerosi errori nelle indagini, e ponendo così fine al caso giudiziario. Il giudice rilevò in particolare l’assenza di tracce dei due imputati nella stanza dell’omicidio, affermando anche la presenza di Knox nella casa al momento del delitto (da lei in seguito negata), ma decretandone la non punibilità come connivente di Guede, perché non partecipe dell’azione omicidiaria e versante in stato di necessità. Per quest’ultimo motivo fu assolta dal reato di calunnia nei confronti della polizia.
L’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo
Il caso è finito anche davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ed è ricordato anche a livello internazionale per la grande risonanza mediatica nel mondo anglosassone (in particolare per la nazionalità di Meredith Kercher e Amanda Knox). Meredith è sepolta nel cimitero di Croydon, alla periferia sud di Londra. L’Università per stranieri di Perugia ha istituito nel 2012 una borsa di studio alla memoria della studentessa. Il padre della vittima, John Kercher, aveva dichiarato la volontà di costituire una fondazione. Il 1º febbraio 2020 anche John Kercher è morto in circostanze violente, dopo alcuni giorni di agonia, per essere stato trascinato da un’auto pirata nel quartiere di Croydon, forse per uno scippo.
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