All’attesissimo incontro tra Zelensky e Putin a Istanbul oggi non c’è stato. Nulla di sorprendente tenuto conto delle premesse avverse ossia della già poca convinzione di Putin a incontrare di persona il leader ucraino, poi dissoltasi completamente anche a causa dell’atteggiamento di Zelensky, che nelle ore precedenti ha usato toni e modi che Putin ha severamente condannato con i suoi. E dire che era stato proprio lui, il leader del Cremlino, a proporre per primo un incontro diretto tra Russia e Ucraina – “senza precondizioni”. Ma poi Zelensky invece di mantenere un profilo basso, ha usato toni aggressivi, spacconi, di sfida che hanno irritato moltissimo il leader russo già alla ricerca di un interlocutore di livello (per lui come Erdogan, Trump), ossia alla sua altezza.
Rispondendo alle pressioni dei paesi occidentali per un cessate il fuoco di 30 giorni, il presidente russo aveva dichiarato che lo scopo dell’incontro sarebbe stato quello di “rimuovere le cause profonde del conflitto” e procedere verso “la creazione di una pace duratura”. A quel punto però Zelensky aveva rilanciato dicendosi pronto a partecipare, ma solo se si fosse presentato anche Putin, perché “tutto in Russia dipende da lui”. Oggi, dopo giorni di silenzio, il Cremlino ha confermato che il capo di stato russo non avrebbe partecipato al vertice, inviando a Istanbul una delegazione guidata dal suo consigliere, l’ex ministro della Cultura Vladimir Medinskij. “Io sono qui, e la parte americana sarà presente a un livello alto” ha sottolineato Zelensky, “quanto ai russi, sembra che abbiano inviato delle comparse, figurine di cartone più che degli interlocutori seri”. La decisione di Putin di non presentarsi a Istanbul ha generato confusione nella città turca, dove i giornalisti si erano radunati nei pressi del palazzo Dolmabahce, sede dei colloqui. Poco dopo la notizia Zelensky ha incaricato il ministro della Difesa Rustem Umerov di guidare la delegazione ucraina. Fonti del ministero degli Esteri turco hanno dichiarato che la delegazione russa è a Istanbul come anche alcuni funzionari statunitensi. Il presidente Zelensky è invece ad Ankara dove ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan mentre ad Antalya è in corso la riunione dei ministri degli esteri della Nato. Al momento però non è chiaro se e quando si terranno i colloqui a tre con americani e russi. L’assenza di Putin e di qualunque delegato di alto livello – come il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov – ha di fatto ridotto le aspettative sulla possibilità di aprire un negoziato che introduca una qualche svolta decisiva nel conflitto. Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha affermato che Zelensky “ha dimostrato la sua buona fede” andando in Turchia, ma che ha trovato una “sedia vuota” al posto di Putin. Il presidente russo, ha rincarato, “sta tergiversando e dimostra chiaramente di non avere alcuna intenzione di entrare in questi negoziati di pace”.
Da Doha intanto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che potrebbe andare domani in Turchia se i negoziati tra Russia e Ucraina dovessero procedere. “Stavo pensando di andarci, ma è molto difficile… Se succede qualcosa, andrei venerdì, se sarà opportuno” ha detto, aggiungendo di sperare che Russia e Ucraina “riescano a fare qualcosa” perché la guerra “deve finire”. Ma poche ore dopo, commentando la mancata partecipazione di Putin all’incontro, il tycoon ha affermato che non ci saranno colloqui di pace finché lui e la sua controparte russa non ne discuteranno direttamente. Secondo quanto riportato dalla Reuters, parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One Donald Trump ha dichiarato che “non succederà nulla finché io e Putin non ci incontreremo”. In molti, alla vigilia dell’incontro avevano descritto il vertice di Istanbul come una ‘gara’ tra Russia e Ucraina per dimostrare a Trump il proprio impegno per porre fine a quella che il presidente ha definito “questa stupida guerra”. Nelle scorse settimane, Washington aveva ripetutamente minacciato di abbandonare ogni sforzo diplomatico per risolvere il conflitto in mancanza di chiari progressi.
L’ultimo colloquio tra Mosca e Kiev
L’ultimo colloquio diretto tra Mosca e Kiev si era tenuto sempre a Istanbul nel marzo 2022, appena poche settimane dopo che Putin aveva ordinato l’invasione dell’Ucraina. Oggi, a distanza di tre anni e con le forze russe che controllano quasi un quinto del paese, Putin non intende modificare le sue richieste: pretende di negoziare mentre i combattimenti proseguono sul campo, vuole che Kiev ceda alla Russia i suoi territori, abbandoni le ambizioni di entrare nella Nato e diventi un paese neutrale. Condizioni che agli occhi degli ucraini equivalgono a una capitolazione, soprattutto in assenza di garanzie sulla sicurezza futura del paese. Dopo aver dimostrato ampie aperture a Mosca ed essersi scontrato con Zelensky nello Studio Ovale a febbraio, nelle ultime settimane Trump ha mostrato un lieve cambio di tono mentre i funzionari statunitensi, sempre più impazienti, cominciano a sospettare che sia il leader russo, anziché Zelensky, il principale ostacolo alla pace. L’intransigenza di Mosca a fronte delle concessioni offerte dalla Casa Bianca si sta rivelando irritante per Trump, affermano gli osservatori. “Si percepisce la frustrazione nelle sue comunicazioni” affermato Michael McFaul, ex ambasciatore statunitense in Russia: “Forse sta realizzando di aver rinunciato a troppo e di non aver ottenuto nulla in cambio”.
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