[gtranslate] WHAT-U INTERVISTA CHIARA BONI: IL SUCCESSO, LA PETITE ROBE, L'ELEGANZA E L'ABITO ANCORA DA REALIZZARE, QUELLO PER MICHELLE OBAMA - WHAT-U

di Patrizia Vassallo

Segno più sul fronte statunitense e anche su quello europeo, La Petite Robe di Chiara Boni vanta ricavi in progressione del 20% rispetto ai 21 milioni di euro del 2017. «Con un fatturato»,  aggiunge Maurizio Germanetti, AD di Chiara Boni & Sons, «che quest’anno ammonta a 24 milioni di euro». Tre boutique monomarca, in ordine di apertura, una a Milano, una a Roma e una a Los Angeles. E il progetto di aprirne altre due restando in Europa. Un importante accordo di franchising firmato in Medio Oriente. E  l’e-commerce che regala ulteriori soddisfazioni  raddoppiando le vendite rispetto allo scorso anno, anche se l’obiettivo resta ovviamente quello di crescere ancora.  Insomma un anno a gonfie vele per Chiara Boni inarrestabile, determinata, fedelissima al Made in Italy, nonostante il costante aumento di consensi e il super lavoro negli Usa, visto che nel paese a stelle e strisce,  realizza una collezione al mese.

La intervistiamo in uno dei suoi rari momenti di pausa sul lavoro, per ripercorrere assieme a lei le tappe del  successo che l’hanno portata alla realizzazione delle collezioni CHIARA BONI La Petite Robe, e quelle più importanti della sua vita privata. Chiara è determinata, di quella razza che non piega la testa né fugge, coraggiosa, positiva, di grande charme, come lei immagina le donne che vestono La Petite Robe.

 Il tuo amore per la bellezza, per il modo della moda da dove nasce?

Sin da piccola sognavo di disegnare e indossare il vestito più bello del mondo e non potevo che ispirarmi alla bellezza.

Che cosa è per te l’eleganza?

L’eleganza è carattere, distinzione. Non è una regola fissa. Una donna elegante si percepisce subito quando entra in una stanza.

Gli inizi nella boutique di Firenze “You Tarzan me Jane”,  tre socie donne te compresa iniziano questa avventura perché e con quale obiettivo?

Ci piaceva la moda ed in quel momento era una rivoluzione. Non avevamo obiettivi, ma eravamo piene di sogni e creatività.

A chi vi eravate ispirate?

A nessuno.

I fondamentali appresi lavorando a stretto contatto con le prime clienti?

I fondamentali li appresi quando accompagnavo mia madre a farsi realizzare i vestiti negli atelier.

Come riuscivi, faccio riferimento al periodo nella boutique, a invogliare una cliente all’acquisto?

Con la convinzione che si sarebbe piaciuta, e sarebbe stata diversa e nuova.

Meglio vendere accontentando una cliente, anche quando l’abito non le va alla perfezione oppure dire la verità?

Io ho venduto per un breve periodo della mia vita. Quando vendevo ero sincera.

I tessuti quelli elastici i tuoi preferiti perché accompagnano i movimenti delle donne, come sono cambiate le tue scelte nel tempo?

Le mie scelte non sono cambiate, si sono affinate e perfezionate.

Qual è il profumo dei tessuti che ti è rimasto più impresso nel tempo?

I tessuti non hanno profumo. Hanno l’essenza di chi li ha indossati. Quindi quelli di mia madre.

A che cosa ti ispiri quando devi realizzare una nuova collezione?

Dipende.

Da che cosa e da chi riesci a raccogliere maggiore ispirazione oltre che da te stessa?

Dalla strada o da una mostra che mi colpisce in maniera particolare. A volte anche da un libro.

Quanto è contata la tua famiglia nel tuo lavoro?

Mia madre e la sua eleganza mi hanno sicuramente influenzata.

Scelta delle forme? Scelta dei colori? Quali i “must” e che cosa invece è meglio evitare?

Non ci sono “must”. Le donne che rappresentano meglio la moda sono semplicemente sicure di sé stesse e indossano forme e colori che corrispondo alla loro anima.

 

Il significato per te di Alta Moda e di prêt-à-porter oggi?

L’Alta Moda è sperimentazione, come la Formula Uno e il prêt-à-porter è il proseguo in maniera più democratica di una sperimentazione riuscita.

Il tuo primo vestito, la tua prima creazione da passerella?

Non me lo ricordo e nemmeno la prima creazione. Mi ricordo la mia prima sfilata che era a Milano, al teatro Carcano, con numerose star e amiche, che si sono divertite molto.

Il tuo primo abito per una star? Quando e quale?

Uno dei ricordi più vivi è l’abito da sposa del matrimonio di Nancy Brilli con Massimo Ghini.

La donna che vorresti vestire ancora oggi è sempre Michelle Obama?

Certo.

Tu hai iniziato a lavorare nel mondo fashion con il fai-da-te. Altri tempi, altri modus operandi. Quali consigli daresti a chi oggi vuole lavorare nel mondo della moda?

Di fare molta esperienza e di confrontarsi con il mercato.

Che cosa manca oggi nel mondo della moda?

Niente, forse c’è troppo.

Che cosa è troppo inflazionato oggi nel mondo della moda?

Le copie in plastica.

In Italia molti tuoi colleghi lamentano il fatto che ci sia sempre meno spazio per il Made in Italy. Tu che cosa ne pensi?

Io faccio solo Made in Italy e non potrei produrre in nessun altro posto senza rinunciare alla flessibilità ed alla qualità del mio prodotto.

Il Made in Italy oggi, il made in Italy in passato. Da 1 a 10 dai un voto.

Sempre 10. La manodopera italiana è sempre la prima nel mondo per gusto, artigianalità e competenze.

Il complimento più bello ricevuto da una cliente?

Spesso mi raccontano che si sono sentite belle e sicure di sé indossando un mio abito.

Chiara Boni

 

E da una cliente star?

Uguale.

La mancanza di relazioni umane fatte di strette di mano, abiti indossati in negozio, le due chiacchiere scambiate la commessa non pensi che siano tuttora necessarie per fare un acquisto migliore oppure Internet può bastare?

Dipende dalla persona, dal carattere, da dove abita ed a volte anche dalla pigrizia.

Il più bel complimento ricevuto da Elio Fiorucci? Ed Enrico Coveri?

Elio mi faceva continui complimenti, pensava che ci assomigliassero. E in effetti eravamo curiosi allo stesso modo. Enrico diceva che sapevo interpretare la femminilità.

E da Oprah Gail Winfrey?

Oprah non mi ha mai fatto un complimento diretto, ma scegliendo i miei vestiti e dedicandomi due copertine del suo giornale mi ha dimostrato il suo apprezzamento.

La “Petite Robe”, un marchio che è l’essenza di quello che sei diventata tu oggi….

In effetti mi sento molto rappresentata da “La Petite Robe” e dalle scelte fatte fino ad oggi con questa linea.

Perché hai realizzato questo marchio con queste parole? Ispirandoti a che cosa?

Mi sono ispirata al fatto che volessi un vestito piccolo, multiuso e che potesse essere venduto in una bustina. “Petite” mi è sembrato l’aggettivo giusto, mentre “Robe” una conseguenza.

Il pregio de “La Petite Robe”?

La sua versatilità, gli abiti si possono indossare a qualunque ora del giorno con accessori diversi, la sua facile manutenzione, si lavano in lavatrice e non si stirano e la sua straordinaria vestibilità che accompagna molte forme di corpi femminili diversi fra loro.

Quale il tipo di pubblico femminile a cui è rivolta?

Non ho un target preciso, ma da una ricerca americana risulta che il maggior numero delle mie clienti ha un’età compresa dai 40 ai 60 anni, è indipendente e lavora.

Chiara Boni

Dove vendi i tuoi abiti e come in Italia e nel mondo?

Il mercato più ampio è quello statunitense. Seguono Paesi Arabi, Germania, Russia. l’Italia per noi è un piccolo mercato, anche se le nostre boutique ci regalano molte soddisfazioni.

L’obiettivo ancora da raggiungere?

Questo mondo corre veloce ed io ho un nuovo obiettivo ogni giorno: metterlo su carta è inutile, dato che quando verrà letto sarà già vecchio.

Quello raggiunto?

La crescita costante.

Un pregio di Chiara Boni?

Bisognerebbe chiederlo alle persone che lavorano con me. (N.d.R.: E What-u gira la domanda al suo team del Digital e dell’Ufficio Stile che rispondono: «Chiara è umana, generosa, contemporanea, femminile, inarrestabile, rivoluzionaria e solare. Sa mettersi sempre in gioco ed accetta le nuove sfide. E quando ha un obiettivo fa di tutto per raggiungerlo»).

Un difetto di Chiara Boni?

Anche in questo caso occorre chiedere alle persone che lavorano con me. (N.d.r.: E What-u lo domanda di nuovo ai suoi più stretti collaboratori che rispondono: «Quando le offriamo un cioccolatino dice sempre di no»). 

Chiara Boni

Mai dire…?

Mai.

Mai fare…?

Del male.

Mai parlare di …?

Nessuno.

Mai vestirsi …?

Io personalmente non posso vestirmi di giallo, perché non mi sta bene…ma dipende dalla propria personalità.

Vita è amore. L’amore più grande della tua vita?

In questo momento è mia nipote Bianca.

 



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