[gtranslate] STATO-MAFIA QUANDO SI TRATTA DI INTELLIGENCE NON È REATO - WHAT-U

“Gli avvocati della difesa dicono che la trattativa Stato-mafia è una bufala? Dire ciò che dicono loro è una bufala. Non si può negare in alcun modo che la trattativa ci sia stata.” È quanto ha dichiarato Alfonso Sabella, magistrato ed ex sostituto procuratore antimafia a Palermo nel pool di Gian Carlo Caselli, a iNews24. Il giudice ha detto che la sentenza d’assoluzione in appello per gli ex ufficiali del Ros e per l’ex senatore Marcello Dell’Utri non sconfessa la sentenza di primo grado che condannò gli imputati. Ma secondo Sabella la trattativa c’è stata, ma il fatto non costituisce reato, così come si legge sul dispositivo della sentenza: “Mori, De Donno e Subranni non avevano dolo di minacciare lo Stato, ma è stato confermato – anche dalle condanne di Bagarella e Cinà – che la trattativa esisteva e c’è e che pezzi grossi dello Stato hanno provato a trattare con la mafia per far cessare le stragi”.

Il risultato è che la trattativa fra Stato e mafia non è punibile se ha come fine quello di fare cessare le stragi

Dell’Utri è stato assolto per i fatti relativi al -’93-’94: “Ma che la trattativa ci sia stata è dimostrato anche da precedenti sentenze passate in giudicato, come quella relativa alla strage di Firenze in via dei Georgofili, quando fu lo stesso Mori a dichiarare di aver incontrato Ciancimino per chiedere cosa volessero per far terminare le stragi.” La condotta degli ex ufficiali del Ros, secondo la Corte d’assise d’appello di Palermo, è quindi riconducibile ad attività di intelligence e non ad attività atta ai minacciare lo Stato. “Ricapitoliamo”, scrive nel suo editoriale , Marco Travaglio su Il Fatto: “Il Boss Bagarella si becca 27 anni di galera per avere minacciato a suon di bombe (insieme a Riina e Provenzano prematuramente scomparsi) i governi Amato e Ciampi nel 1992-93 e per avere tentato di minacciare pure il governo Berlusconi nel ’94, il medico mafioso Cinà si becca 12 anni per il suo ruolo di tramite e postino dei pizzini e dei papelli che si scambiavano Vito Ciancimino imbeccato dai carabinieri del Ros Subranni, Mori e De Donno e il duo Riina Provenzano. Ma i carabinieri del Ros Subranni, Mori e De Donno, che dopo l’assassinio di Salvo Lima e soprattutto la strage di Capaci, commissionarono al mafioso Ciancimino la trattativa con Cosa Nostra per salvare la pelle a politici collusi che non avere mantenuto gli impegni sull’insabbiamento del maxiprocesso vengono assolti perché il fatto non costituisce reato?”. Fra circa tre mesi leggeremo le motivazioni della Corte di Assise d’Appello di Palermo e capiremo di più di giustizia e del significato di dolo. Da quanto si può capire dal dispositivo, per la Corte d’assise i carabinieri cercarono sì il dialogo con i mafiosi, ma per far cessare le stragi e non per veicolare alle istituzioni l’intimidazione di Cosa nostra. Ancor più netta la decisione su Dell’Utri che, secondo l’accusa, sarebbe subentrato nella seconda fase della trattativa e avrebbe fatto giungere il messaggio della mafia al governo Berlusconi. Secondo i giudici, l’ex senatore «non ha commesso il fatto».

I “soli” colpevoli


Del reato sono stati ritenuti colpevoli i due boss imputati, lo stragista corleonese Leoluca Bagarella, e Nino Cinà, l’uomo che avrebbe recapitato il fantomatico papello, il pizzino con le richieste alle quali Totò Riina avrebbe subordinato la fine delle bombe.
Il fratello del giudice Paolo Borsellino, Salvatore, ha dichiarato: «Ieri è stato il giorno dello sconforto, oggi è il giorno della rabbia». «È lo scenario peggiore che potessi immaginare “, ha aggiunto, “per potere portare avanti quella scellerata trattativa, che ieri è stata dichiarata legittima, hanno spezzato la vita di Paolo e di tutta la sua scorta. Ma uno Stato che accetta di trattare con l’antistato non può essere considerato tale».
«Felice per chi ha vestito la divisa», dice l’ex capo della Polizia, ora sottosegretario del Governo, Franco Gabrielli. «Per cultura e per mestiere aspetto di leggere le motivazioni, perché ovviamente la sentenza è una sentenza importante. Ovviamente non posso non essere felice, soprattutto per chi ha vestito una divisa», commenta. 



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