SEMPRE PIÙ ITALIANI ALLE CORDE PER ACQUISTARE O PER PRENDERE IN AFFITTO UNA CASA - WHAT-U

Nonostante nel 2023 il clima di fiducia delle famiglie italiane abbia recepito i segnali positivi provenienti dall’aumento della produzione industriale e dagli interventi di sostegno varati dal Governo, la capacità reddituale delle famiglie lascia intravedere alcuni campanelli dall’allarme, con quasi la metà dei nuclei che dichiara che le disponibilità economiche sono appena sufficienti a far fronte alle spese primarie. Con il risultato che la conseguenza della perdita di potere d’acquisto si traduce in una minore quota di famiglie che riesce a risparmiare (33,8% nel 2023) con impatti diretti su scelte di vita quali l’acquisto di un’abitazione e la scelta di vivere in affitto. Questo è quanto emerge dall’Indagine sulle famiglie 2023 presentata da Nomisma all’interno del 16° rapporto sulla finanza per l’abitare.

Nonostante ciò l’interesse all’acquisto di una casa per il soddisfacimento di un bisogno primario si conferma, anche quest’anno, tanto che complessivamente sono circa 3,1 milioni le famiglie intenzionate ad acquistare un’abitazione nei prossimi 12 mesi.

Su fronte della locazione si assiste, invece, a una flessione dei nuovi contratti dopo la forte ripresa nel 2022. Nello specifico, la quota di famiglie che ha fatto ricorso all’affitto di una o più abitazioni per un periodo superiore a 6 mesi è passata dal 5,6% nel 2022 al 5% nei primi mesi del 2023. Concentrandosi invece sulle motivazioni che sorreggono la scelta di vivere in locazione, l’indagine di Nomisma conferma come per la maggior parte delle famiglie (il 56% del totale, per la precisione) l’affitto rappresenti l’unica soluzione percorribile a causa della mancanza di risorse economiche sufficienti per accedere al mercato della compravendita. E il fatto che nei prossimi mesi potrebbe diminuire notevolmente e ulteriormente il numero delle persone che possono permettersi di scegliere solo l’affitto di un immobile è un dato più che preoccupante. Per dirla in cifre, dati alla mano il prossimo anno potrebbe avere difficoltà a pagare il canone di locazione circa il 34,8% delle famiglie italiane (+3 punti percentuali rispetto al 2022).

L’indagine offre anche una vista aggiornata della quota di nuclei che dichiara di avere difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo (pari al 6% contro il 7,5% del 2022) mentre sale al 27,8% la percentuale di famiglie che, nei prossimi 12 mesi, teme di poter incontrare difficoltà nel rimborsare regolarmente le rate. “La stretta monetaria messa in atto da Fed e BCE si scontra con un fabbisogno crescente di credito da parte di chi si rivolge al mercato dell’acquisto della casa, costretto a fare i conti con la rigidità dei prezzi. Siamo in presenza di un indebolimento della domanda di acquisto destinato a riflettersi in un calo significativo delle compravendite, previsto da Nomisma nell’ordine del 14,6% su base annua”, spiega Luca Dondi, Amministratore Delegato di Nomisma.

Un ulteriore elemento di interesse che emerge dallo studio è riconducibile alla propensione all’indebitamento delle famiglie: Nomisma rileva che il 42,7% degli intervistati farebbe sicuramente ricorso al finanziamento per l’acquisto dell’abitazione, mentre il 35,2% si dice intenzionato con buona probabilità a ricorrere al credito. Rispetto al 2022 la diminuzione della quota di potenziali proprietari che intende rivolgersi al sistema bancario per sostenere l’acquisto dell’abitazione è imputabile in parte ad un’autoesclusione causata da sistemi di finanziamento difficilmente accessibili e da una maggiore onerosità derivante dal rialzo dei tassi di interesse.  Parallelamente Nomisma segnala anche l’emersione di una fascia di domanda economicamente più attrezzata per far fronte agli impegni.

Prendendo in esame la qualità del credito erogato, si rileva un miglioramento. Nel quarto trimestre 2022 la riduzione delle sofferenze relative ai prestiti per acquisto di abitazioni è risultata più marcata rispetto al credito al consumo anche grazie a politiche di erogazione particolarmente attente alla sostenibilità del debito. Nonostante ciò, l’incidenza delle sofferenze legate ai mutui sul totale di sistema è leggermente aumentata, attestandosi al 13,6%. In questo contesto il processo di alleggerimento dei bilanci bancari è stato garantito dalla cartolarizzazione dei mutui che è proseguita anche nel 2023 tanto che a marzo di quest’anno le consistenze dei prestiti cancellati aventi per controparte le famiglie residenti ammontavano a 51,5 miliardi di euro. “La stretta monetaria messa in atto da Fed e BCE si scontra con un fabbisogno crescente di credito da parte di chi si rivolge al mercato dell’acquisto della casa, costretto a fare i conti con la rigidità dei prezzi”, dice in conclusione Dondi. “Siamo in presenza di un indebolimento della domanda di acquisto destinato a riflettersi in un calo significativo delle compravendite, previsto da nell’ordine del 14,6% su base annua”.

I tempi di vendita delle case, Bologna e Milano le più veloci

I tempi di vendita a gennaio 2023 sono in diminuzione in tutte le realtà territoriali. Ancora una volta il mercato immobiliare si dimostra veloce e dinamico come c’era da aspettarsi alla luce della domanda vivace e dell’offerta in diminuzione. Nelle grandi città si è arrivati a 104 giorni, minimo storico toccato negli ultimi dieci anni, con un miglioramento di 10 giorni rispetto a un anno fa. Ancora una volta Bologna e Milano si confermano le città più veloci, rispettivamente con 50 e 55 giorni con la differenza che Milano migliora di 2 giorni rispetto ad un anno fa, Bologna diminuisce di 22 giorni. Quest’ultima insieme a Bari è la città in cui le tempistiche si sono contratte di più: il capoluogo pugliese è passato da 153 a 121 giorni in un anno. Le città in cui occorre più tempo per vendere un immobile sono Palermo con 134 giorni e Genova con 130 giorni. Nelle realtà dell’hinterland delle metropoli occorrono 138 giorni, con una velocizzazione delle transazioni di 6 giorni. I tempi di vendita più brevi si segnalano nell’hinterland di Firenze (116 giorni) nonostante il leggero peggioramento di 6 giorni.  Segue l’hinterland di Verona (121). Nei capoluoghi di provincia chi decide di vendere casa deve mettere in conto mediamente 130 giorni, decisamente meno di quanti ne avrebbe impiegati un anno fa quando ne occorrevano 138. C’è stata quindi una contrazione di 8 giorni che ha fatto in modo che anche nei capoluoghi di provincia si raggiungessero i livelli minimi degli ultimi dieci anni. I dati analizzati evidenziano che chi ha acquistato casa fino a gennaio 2023 ha velocizzato le decisioni di acquisto, sia a causa della bassa offerta sul mercato sia per timore di incappare in ulteriori aumenti dei tassi di interesse. Veloci anche gli investitori che intendono impiegare la liquidità messa da parte per evitare che sia erosa dall’inflazione crescente.


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