[gtranslate] IMOLA, A 30 ANNI DALLA SUA MORTE, RICORDA IL CAMPIONE DI F1 AYRTON SENNA - WHAT-U

Ieri martedì 30 aprile, alla vigilia del 30mo anniversario della tragica scomparsa di Ayrton Senna, l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola si è trasformato in un set a cielo aperto per “LA NOTTE DI AYRTON”, una speciale occasione per celebrare il più grande pilota di tutti i tempi. Alle 21 l’attore, doppiatore, cantante e un musicista, Stefano Fresi considerato uno dei più grandi talenti del cinema italiano di oggi, famoso per il suoi ruoli in film iconici come Romanzo criminale, Smetto quando voglio, Ogni maledetto Natale, Il nome della Rosa, Il Re Leone, C’è Tempo, che gli sono valsi numerosissimi premi, ha preso posto sul rettilineo del traguardo dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari per recitare un monologo dal titolo “FRESI RACCONTA SENNA” sulla vita di Ayrton Senna tratto dal libro “PERDERE SENNA” del regista e scrittore Giorgio J. Squarcia in uscita il 21 maggio per Paperfirst.  Così per la prima volta dopo trent’anni la Williams F16 del campione brasiliano è tornata nella posizione in cui si trovava il giorno in cui partì per l’ultimo giro della vita del più grande pilota della storia, il 1° maggio del 1994, quando Senna prese posto nella piazzola numero uno dell’autodromo, la pole position per il Gran Premio di San Marino che si correva proprio a Imola. L’auto che gli appassionati hanno visto in pista è l’unica copia originale esistente dell’auto andata distrutta durante l’incidente in cui Senna perse la vita. A rendere più suggestivo l’evento sono state le immagini di Senna proiettate nei minuti precedenti la partenza di quell’ultimo Gran Premio, proiettate sulla torre del circuito, mostrate per la prima volta nella loro interezza insieme alle fotografie di Angelo Orsi, amico fraterno di Ayrton.

Il libro “PERDERE SENNA”, da cui è tratto il monologo interpretato da Fresi, è una storia di redenzione e motivazione che attraversa il decennio 1984-199 4 della vita del pilota brasiliano, dalla prima all’ultima gara in Formula 1, ma è anche il percorso parallelo di Senna e di un giovanissimo ragazzo italiano, il narratore. Il primo alle prese con gli ostacoli delle gare, l’altro con i problemi di una vita difficile. All’epoca della prima gara di Ayrton, il narratore ha solo 13 anni e un destino segnato. Guardando Senna, trova la forza per superare le difficoltà e il coraggio di non arrendersi mai. Il monologo racconta, infatti, la grandezza del pilota ma anche, e soprattutto, dell’uomo, non solo attraverso le sue leggendarie vittorie ma anche e soprattutto attraverso le sconfitte. Sconfitte da cui si è sempre rialzato. Più forte di prima. Molti gli interventi nel libro di Squarcia da Cesare Cremonini a Luca Cordero di Montezemolo, Stefano Domenicali, Rocco Benetton, Paolo Barilla, Giampaolo Dallara, Massimo Zanetti, piloti di Formula 1 di ieri e di oggi.

L’incidente, la morte

Alle 14.17 della surreale domenica 1° maggio 1994, nel corso del settimo giro del GP di San Marino, in piena accelerazione Ayrton Senna finisce dritto contro il muro all’esterno della semicurva del Tamburello: l’impatto è terribile e, nonostante i soccorsi immediati da parte del personale medico e sanitario del circuito, le sue condizioni appaiono subito disperate. Sarà dichiarato morto poco più di quattro ore dopo all’Ospedale Maggiore di Bologna, e da allora il mondo non sarà più lo stesso: non solo perché a ogni primo maggio il mondo dei motori pare fermarsi nel ricordo del suo campione più brillante e amato, ma anche sul piano della sicurezza in Formula 1, che dopo la tragedia farà enormi passi in avanti. Non senza polemiche, verità taciute, misteri, perizie tecniche e un iter processuale lungo e farraginoso per accertare le cause e conoscere i responsabili dell’incidente. 

Il processo

Il processo inizia il 20 febbraio del 1997, quasi tre anni dopo il tragico incidente: ben cinque gradi di giudizio e una durata complessiva di oltre dieci anni. Sei sono gli indagati che vengono rinviati a giudizio per il reato di concorso in omicidio colposo: i boss della Williams, Frank Williams e Patrick Head, il direttore tecnico del team Adrian Newey, il delegato Fia Roland Bruynseraede al tempo responsabile della sicurezza dei circuiti, insieme a Federico Bendinelli e Giorgio Poggi della Sagis, l’ente che fino al 2007 ha gestito l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari. Le indagini preliminari scagionano invece altri meccanici e ingegneri Williams, così come il personale della Simtek in merito alla morte di Roland Ratzenberger: il pilota austriaco, scomparso 24 ore prima di Ayrton in seguito a un violento impatto alla curva Gilles Villeneuve, aveva infatti perso il controllo nel punto più veloce del circuito ma a causa del cedimento dell’ala anteriore dopo un precedente passaggio aggressivo su un cordolo. Sin dai primi giorni dopo l’incidente, diverse sono le tesi formulate dagli addetti ai lavori. Presto bocciate le ipotesi di un errore o di un malore del pilota – che fino all’ultimo è anzi in pieno controllo della monoposto, e riesce anche a frenare riducendo parzialmente la velocità prima dell’impatto – le due principali teorie seguite nel corso del processo sono quelle della cattiva manutenzione dell’asfalto, con la presenza di un dosso in traiettoria che avrebbe innescato l’uscita di pista di Ayrton, e quella del cedimento strutturale sulla Williams FW16 del campione brasiliano. Certo è che ci sono numerose testimonianze dei soccorritori (e prove fotografiche) che raccontano come il volante fosse rimasto attaccato a un frammento del piantone dello sterzo prima di essere adagiato in verticale dai paramedici di fianco all’abitacolo incidentato. È l’evidente anomalia attorno a cui ruota tutto l’impianto accusatorio: secondo gli inquirenti, il piantone si sarebbe spezzato in marcia causando direttamente l’incidente di Senna, mentre per gli avvocati della Williams la rottura sarebbe da imputare al successivo impatto con le barriere. 

Tutta colpa delle modifiche al piantone

Secondo altre testimonianze, anche interne alla stessa Williams, Ayrton – che a Imola correva la terza gara della carriera con il team inglese – sin da inizio stagione lamentava di non trovarsi particolarmente a proprio agio nell’abitacolo molto stretto progettato da Newey. Per trovare un po’ di comodità, il campione brasiliano aveva chiesto alcuni interventi alla colonna dello sterzo, che a Imola era stata dunque abbassata di qualche millimetro per venire incontro alle richieste del pilota. Modifiche che il pubblico ministero Maurizio Passarini ritenne frettolose ed effettuate senza la dovuta perizia, anche a causa dell’utilizzo di una prolunga di metallo di qualità e diametro inferiore rispetto alle componenti originali. Per l’accusa, l’incidente si sarebbe quindi generato dopo la rottura del piantone, di per sé meno resistente e comunque molto sollecitato dagli avvallamenti e dalle vibrazioni che le monoposto subivano alle alte velocità in pista, seppur considerate normali per gli standard della F1 dell’epoca. A fare il resto, poi, lo scarso spazio nella via di fuga del Tamburello, che non aveva dato tempo e modo a Senna di rallentare a sufficienza prima dell’impatto fatale. 

Non mancano neanche alcuni misteri. Forse per coincidenza o per un errore della regia, le immagini trasmesse dalla camera car di Ayrton si interrompono qualche secondo prima dell’impatto, così come anche le due centraline elettroniche montate sulla Williams del campione risulteranno inutilizzabili ai fini processuali. La prima, a disposizione della scuderia, sarà consegnata agli inquirenti totalmente distrutta – con danni non compatibili con l’incidente, secondo gli esperti tecnici nominati dalla procura – mentre la seconda risulterà funzionante ma con i dati sovrascritti per sbaglio dagli ingegneri della Renault (che all’epoca forniva i motori alla squadra) in un successivo test al banco del propulsore. Decisivo nella ricostruzione della causa dell’incidente è quindi il lavoro del consorzio Cineca, che riuscirà a ripercorrere grazie alla lavorazione delle immagini delle telecamere on board il movimento del tutto anomalo dello sterzo dell’auto di Senna negli istanti precedenti l’incidente. 

Il processo di primo grado si conclude comunque con l’assoluzione di tutti gli imputati: Frank Williams, Patrick Head e Adrian Newey vengono assolti per “non aver commesso il fatto”, mentre le altre tre persone coinvolte sono assolte “perché il fatto non sussiste”. La differenza è sottile ma importante, chiarita nelle motivazioni della decisione del pretore Antonio Costanzo: il giudice specifica che le risultanze delle indagini non consentono di verificare la verosimiglianza dell’ipotesi della difesa (l’incidente causato dall’asfalto e non dal cedimento meccanico) e che invece l’anomalia allo sterzo si presti meglio a spiegare l’uscita di pista in una semicurva da percorrere in pieno, poco o per nulla impegnativa per un pilota dell’esperienza di Senna. Il “fatto”, inteso come cedimento meccanico del piantone, dunque sussiste anche se la sentenza di primo grado non riesce a individuare in Williams, Head o Newey eventuali responsabilità. 

Il procedimento riparte per il secondo grado di giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna nell’autunno del 1999, con il PM che ricorre contro le sole assoluzioni di Patrick Head e Adrian Newey, accogliendo dunque le assoluzioni di Frank Williams (il cui ruolo nel team era eminentemente amministrativo e sportivo più che tecnico) e di Bendinelli, Poggi e Bruynseraede. La sentenza stavolta è favorevole ai due imputati rimasti, assolti “perché il fatto non sussiste”. Nel 2003, la Corte di Cassazione annulla però la sentenza e rinvia il giudizio a un secondo processo d’appello, che è poi quello che in cui si cristallizza la verità processuale circa la morte di Senna: il 27 maggio del 2005, la Corte d’Appello di Bologna assolve Adrian Newey per “non aver commesso il fatto” (la stessa formulazione della prima sentenza) e stabilisce la responsabilità di Patrick Head per le modifiche “male progettate e male eseguite” sul piantone dello sterzo di Ayrton, anche se il reato è estinto per sopraggiunti termini di prescrizione. Il 13 aprile 2007, a quasi 13 anni dall’incidente del 1° maggio 1994, la Cassazione rigetterà la richiesta di assoluzione con formula piena avanzata dai legali del co-fondatore della Williams.

L’auto 

La Williams Rothams Renault FW15D telaio 08 proveniente dalla collezione Jonathan Giacobazzi ha una storia che la rende una leggenda. Il telaio numero 08 fu utilizzato da Alain Prost per vincere il Mondiale 1993 su Williams FW15C in livrea Camel. Al termine della Stagione 1993, il telaio 08 fu destinato ad Ayrton Senna come monoposto di prova in preparazione ai nuovi regolamenti della stagione 1994, ribattezzato FW15D con nuova livrea Rothmans Renault. Il telaio n. 08 fu dunque il primo ad apparire con sospensioni passive e modificato per funzionare senza aiuti elettronici alla guida (vietati dal 1994). Ayrton utilizzò questa monoposto sia ad Estoril per la presentazione del Team (nel gennaio 1994), sia  per tutti i suoi test invernali fino agli ultimi di Marzo 1994 proprio ad Imola.



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