[gtranslate] COVID-19 IL PARERE DI ILLUSTRI MEDICI A CONFRONTO. VIECCA DICE: «L'UNICA STRADA È FARE UN TEST INTEGRATO: TAMPONE E CONTROLLO IGG E IGM» - WHAT-U

Maurizio Viecca, direttore della Cardiologia e UTIC dell’ospedale Sacco di Milano
ph. What-u.com

di Manuela Valsecchi

A pochi giorni dall’apertura parziale di alcune attività la confusione è ancora tanta, si naviga nell’incertezza dei dati, dei protocolli che ogni esercente dovrà seguire dopo l’apertura. «Insomma si naviga ancora a vista», dice Maurizio Viecca, direttore della Cardiologia e UTIC dell’ospedale Sacco di Milano, che aggiunge: «Perché non siamo andati a sequenziare e quanti virus abbiamo in Italia? C’è un solo ceppo di questo virus, ci sono più ceppi? Non si capisce nulla. Dopo 4 mesi manca tuttora un lavoro di squadra». E chi dovrebbe farlo? «A livello locale l’istituto Superiore di Sanità e a livello mondiale l’Organizzazione Mondiale della sanità. Quanti morti abbiamo avuto a causa del Covid-19? Lei lo sa con esattezza? Perché la diffusione delle infezioni, la virulenza dell’infettività è stata maggiore al Nord? Queste sono domande alle quali nessuno ci ha dato ancora una risposta precisa», prosegue Viecca. «C’è stata una mancanza di informazione ed è venuta a mancare l’autorevolezza degli organismi deputati, siamo stati e tuttora siamo in balia di una totale deregulation. Molti esperti si sono contraddetti anche nell’indicare le misure anti-contagio basiche. Mascherina sì, mascherina no?». Sul fronte farmaci Viecca dice: «Bisogna fare una distinzione tra farmaci antivirali puri che agiscono bloccando il virus e i farmaci di prevenzione slash il cui compito è quello di attenuare il virus all’ interno dell’organismo. La tanto citata clorichina e poi il chinino sono stati usati in quantità industriale dagli inglesi per combattere la malaria». Ci spieghi meglio la funzione del chinino, che è meno nota…«Il chinino ha la funzione di ostacolare il passaggio del virus, si pone davanti ai recettori delle cellule polmonari e ne osteggia il passaggio. Mentre sul versante interno, accade che per trasformare l’energia delle sostanze nutritive, come lo zucchero, in energia utilizzabile, la maggior parte delle cellule si servano di un processo biochimico chiamato ‘respirazione cellulare’. La produzione di energia attraverso la respirazione cellulare richiede un rifornimento continuo di ossigeno e, di contro, genera anidride carbonica. Il sistema respiratorio provvede allo svolgimento della respirazione cellulare prelevando l’ossigeno dall’ambiente ed eliminando l’anidride carbonica dall’organismo servendosi delle vie respiratorie o aeree che portano l’aria ai polmoni. Oramai è un dato di fatto che l’eparina in caso di trombosi polmonare sia inefficace in tutti gli studi mentre al contrario grazie a uno studio che io ho eseguito con un pneumologo ho scoperto che con un antiaggregante si ottengono risultati eccellenti». In questo periodo non si è sentito parlare molto di pneumologi…«Ed è stato uno sbaglio perché chi meglio di un pneumologo poteva dare valore aggiunto alle ricerche e agli studi sul Coronavirus. Il virus” prosegue Viecca, «causa la polmonite, come tanti altri virus, e agisce su piccole arterie, ossia quei capillari attaccati agli alveoli polmonari che sono preposti ad una funzione importantissima: lo scambio di gas respiratori tra il sangue e l’atmosfera. Per questa ragione sono considerati l’unità funzionale del polmone, cioè le più piccole strutture in grado di svolgere tutte le funzioni alle quali è preposto. La coagulazione sanguigna», aggiunge Viecca, «ha due strade quella della coagulazione e quella dell’aggregazione (ammassi di piastrine) il cosiddetto trombo bianco come succede in alcuni casi nell’infarto miocardico acuto. In questo caso l’anticoagulante non serve, è necessario un altro farmaco, ossia l’antiaggregante, un farmaco che eviti aggregazione delle piastrine, l’infarto non si cura con l’eparina o gli anticoagulanti orali si cura con antiaggreganti». Montagnier ha affermato in una recente intervista che il Coronavirus non è un virus di origine naturale, ma è stato modificato nel noto laboratorio di Wuhan forse con l’obiettivo di cercare un vaccino. Tutta la comunità medico-scientifica si è scagliata contro di lui dicendo che dice cose non giuste, senza cercare un confronto diretto. Lei cosa ne pensa di quanto è accaduto? «Se Montagnier ha studiato il virus e dice che nelle sequenza del virus ha visto piccole quantità di virus di Hiv, come ha detto lei, occorreva approfondire non reagire con una levata di scudi. Quando le cose non si vogliono spiegare, quando non c’è volontà di chiarezza, si crea confusione e la gente quando c’è confusione e sente notizie contrastanti poi si stufa e non si informa più. Anche sulle mascherine, perché l’Istituto Superiore della Sanità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità non hanno fornito e preteso una versione univoca dall’inizio dell’epidemia poi divenuta pandemia?». Lei ha un piano da suggerire? «Quello di fare come hanno fatto nel comune di Maranello, ossia sottoporre le persone in un breve lasso di tempo a 3 esami fondamentali ossia al tampone e poi al controllo delle IgG e delle IgM, solo in questo modo si può sapere quante persone hanno contratto il virus, senza saperlo, i famosi asintomatici, chi ha contratto il virus, chi no… chi le sa queste informazioni?». C’è chi ha affermato che non abbiamo abbastanza risorse per fare questi esami perché vanno processati necessitano di tanto personale e molti giorni di lavoro. «Non è vero in un paese di 3000 abitanti si potrebbe fare in 3 giorni e con questo test integrato mediante la ricerca anche degli anticorpi avremmo risposte certe. Serve un’analisi seria con algoritmo matematico». L’app Immuni però ha già provocato una marea di polemiche… «Certo perché è una sciocchezza proporla in questo modo. ossia su base volontaria. Se non la rendi obbligatoria a che cosa serve?. c’è chi ha sollevato il problema della privacy che pure quella è una sciocchezza, secondo lei oggi con tutte le app che scarichiamo, e molto altro, la nostra privacy è davvero tutelata?». E sul fronte riaperture Viecca sottolinea: «Ci vogliono idee chiare, se lei domani apre un negozio di abbigliamento deve sapere cosa deve fare, può fare provare un abito, si o no? Servono norme chiare, caso per caso. Per chi vende abbigliamento, per chi fa il gelataio…». E sul fronte controlli puntualizza: «E poi servono controlli efficaci altrimenti non ha senso imporre una regola. Io a Milano non vedo fare così tanti controlli, tanta gente già cammina con la mascherina appesa al collo … ». Si parla di un ritorno del virus in autunno. Lei cosa ne pensa? «In autunno c’è sempre l’influenza, ma è anche vero che ogni anno cambia il virus e si fa un’antinfluenzale diversa. Come facciamo a sapere se arriverà lo stesso ceppo di virus senza avere tuttora le idee chiare? Perché abbiamo avuto più morti al Nord e non al Sud? I problemi vanno analizzati con gli strumenti giusti, quando un’auto non va più non cambi tutta la macchina, ma sostituisci il pezzo da riparare e lo stesso vale anche per la lotta al Coronavirus . Tra l’altro un’altra grande pecca è stata quella di non avere avuto le mascherine in tempo utile in Lombardia. Abbiamo ricevuto 600 mascherine di carta igienica, Tu Stato, tu OMS, tu ISS devi dare delle direttive alle Regioni che devono recepire, non ci può essere decentralizzazione che tenga nel corso di una pandemia».

Francesco Menichetti, Ordinario di Malattie Infettive, Università di Pisa, Presidente GISA e Direttore U.O.C. Malattie Infettive, AOUP – Ospedale Cisanello

“Oggi contro il COVID-19 non esiste una terapia che abbia mostrato sicura efficacia. Il livello di evidenza prodotto dalle numerose pubblicazioni è infatti modesto trattandosi per lo più di esperienze preliminari, raccolte casistiche e studi non controllati”, dice Francesco Menichetti, Ordinario di Malattie Infettive, Università di Pisa, Presidente GISA (Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica) e Direttore U.O.C. Malattie Infettive, AOUP – Ospedale Cisanello. “Questo impone che qualunque iniziativa terapeutica si intenda adottare per ogni singolo paziente (N.d.R. es: idrossiclorochina, azitromicina, lopinavir-titonavir, eparina, tocilizumab baricitinib, altri monoclonali, steroidi, plasmaterapia) debba rigorosamente avvenire arruolandoli in studi prospettici, randomizzati e controllati, perché i soli in grado di produrre la necessaria evidenza. Tra la concitata volontà di soccorrere i pazienti COVID-19, specie quelli più gravi ed il rispetto della mission della scienza di produrre evidenze, non deve esistere alcuna antinomia, ma una chiara volontà comune di fare il meglio, abbandonando inutili e sterili protagonismi, e contribuendo agli studi che il CTS dell’AIFA, con l’ausilio del CE dello Spallanzani, hanno validato”.

Marco Bassetti, Direttore Unità Operativa Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino

“Sicuramente ora rispetto alla fase iniziale sull’utilizzo dell’idrossiclorochina siamo più scettici, perché i dati non sono entusiasmanti”, spiega Marco Bassetti, Direttore Unità Operativa Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino. “Sulle ali dell’entusiasmo nato da alcuni studi francesi abbiamo somministrato a tutti questo farmaco però francamente io oggi mi sento più riluttante sull’utilizzo su tutti di questo farmaco, se non all’interno di protocolli clinici ben delineati e/o progetti di ricerca. Ad esempio, stiamo iniziando uno studio per conto dell’OMS e quindi potremo vedere, se ci sarà o meno un beneficio nell’usare questo farmaco. Abbiamo proposto alla Regione Liguria, che ha accettato, un’esenzione per tutti i soggetti affetti da Covid 19 che devono tornare in ospedale. In fase di follow up questi pazienti dovranno recarsi più volte in ospedale per tutta una serie di accertamenti e noi abbiamo proposto che per un anno i pazienti liguri non paghino il ticket, anche perché il pacchetto di esami arriverebbe a costare centinaia di euro e sarebbe importante che questa esenzione fosse attuata in tutta Italia”.

Massimo Andreoni, Direttore UOC Malattie Infettive, Policlinico “Tor Vergata”, Roma

“Tutti i trial farmacologici che sono stati utilizzati oggi non sono ancora in nessun modo risolutivi. Sono stati utilizzati una quantità di farmaci enormi e alcuni sono stati anche fallimentari, mentre altri hanno dato risultati scarsi. Qualche farmaco è stato testato in vitro, altri dal vivo ma al momento non posso dichiarare che ci sia un farmaco risolutivo nella cura del Covid-19″, precisa Massimo Andreoni, Direttore UOC Malattie Infettive, Policlinico “Tor Vergata”, Roma. “Il virus è mutato, esistono degli studi che lo dimostrano, ma non è mutato in maniera significativa fortunatamente, soprattutto per la messa a punto del vaccino. Non sembra essere la mutazione la causa del calo dei morti e degli infetti”.

Andrea Crisanti, Direttore Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Università Azienda Ospedaliera di Padova

“Con l’imminente arrivo del Covid-19, la prima cosa che abbiamo fatto è stato mettere a punto un test diagnostico con l’azienda e quando ci sono stati i primi casi abbiamo messo subito in sicurezza l’ospedale di Padova, perché se fosse diventato un focolaio di contagio avremmo messo a rischio tutto il Veneto”, racconta Andrea Crisanti, Direttore Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Università Azienda Ospedaliera di Padova. “La messa in sicurezza dell’ospedale è avvenuta a diversi livelli: personale sanitario, pazienti che arrivavano al pronto soccorso per qualsiasi causa e quelli che arrivavano con una sintomatologia clinica che faceva pensare fossero affetti da Covid-19. Abbiamo fatto il test a tutti i pazienti che sono passati dal pronto soccorso per vedere se fossero anche affetti da Covid-19 perché ci siamo subito resi conto che c’era una percentuale alta di pazienti asintomatici”.

Gioacchino Angarano, Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi di Bari, Direttore UO Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Ospedale Policlinico Consorziale di Bari

“Le ancora insufficienti conoscenze hanno reso difficile giungere ad una posizione comune sui singoli farmaci da utilizzare”, spiega Gioacchino Angarano, Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi di Bari, Direttore UO Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Ospedale Policlinico Consorziale di Bari, “ma è risultato evidente che i farmaci antivirali disponibili sono ampiamente insufficienti, mentre la terapia antinfiammatoria può risultare più efficace se effettuata con il giusto timing”.

Valentina Solfrini, della Direzione Generale Cura della persona, salute e welfare, Servizio assistenza territoriale, area farmaci e dispositivi medici dell’Emilia Romagna

“Epidemiologi, infettivologi e responsabili dell’organizzazione dei servizi sanitari sono d’accordo sul fatto che non ci siano certezze sull’efficacia dei trattamenti e che debba prevalere un atteggiamento di prudenza nei confronti delle scelte terapeutiche”, precisa la dottoressa Valentina Solfrini, Servizio Assistenza Territoriale, Area Farmaci e Dispositivi Medici, Regione Emilia-Romagna. “È molto importante promuovere la partecipazione di studi clinici, considerando comunque le opzioni terapeutiche che sono state giudicate ammissibili dall’AIFA e autorizzate dal Ministero della Salute. È necessario un atteggiamento di prudenza a tutela dei pazienti che è stato condiviso da tutti gli infettivologi e i responsabili dei servizi che hanno partecipato a questo appuntamento”.

Farmaci utilizzabili per il trattamento della malattia COVID-19

Fino ad appena un mese fa, potremmo dire, che tutto ciò che riguardava le terapie COVID 19, si stesse apprendendo dalle esperienze fatte giorno dopo giorno dai clinici trovatisi a combattere sul campo un nemico sconosciuto. Per tutto il mondo scientifico, dapprima l’esperienza cinese, poi quella italiana, con i contribuiti delle prime autopsie fatte durante le tante emergenze vissute, sono state un laboratorio di sperimentazione della conoscenza sulle possibilità di utilizzo di terapie efficaci. 

Le informazioni arrivate dai medici che hanno fatto così esperienza (non come definiti da alcuni “esperti”), hanno descritto un preciso decorso della malattia in 3 fasi distinte:

  1. Una fase “Virale” iniziale, durante la quale il virus si moltiplica nelle cellule dell’ospite e che crea diversi sintomi come malessere generale, febbre e tosse. Se si riesce a bloccare Ia malattia in questa fase il decorso è assolutamente benigno. Fatto salvo la circostanza in cui il paziente addirittura può attraversare questa fase anche senza sintomi e conseguenze di alcun tipo (asintomatici o paucisintomatici).
  2. Una fase “mista” (IIA e IIB) in cui oltre agli effetti diretti del virus sull’ospite, iniziano a manifestarsi gli effetti indotti dalla risposta immunitaria dell’ospite stesso. In questa fase infatti la malattia si sta diffondendo nell’ospite causando diverse conseguenze a livello polmonare, fra cui alterazioni di morfologia e funzionamento, con sintomi di polmonite che può successivamente aggravarsi dando inizio alla terza fase.
  3. Una terza fase “infiammatoria” che può evolvere verso una situazione grave dominata da una violenta infiammazione immunitaria dovuta alle molte citochine pro-infiammatorie prodotte dal paziente stesso (per questo definita tempesta citochinica), che determina le conseguenze più pericolose. A questo punto i danni a livello polmonare locale e quelli a livello sistemico diventano importanti, con problemi di trombosi diffusa dei piccoli vasi arteriosi e venosi e lesioni polmonari permanenti (fibrosi polmonare), che possono portare alla morte il paziente in breve tempo. 

È evidente che le scelte terapeutiche dovrebbero mirare ad obiettivi diversi a seconda della fase di malattia:

  • orientate nella prima fase “Virale” prevalentemente al contenimento della crescita virale fino all’inizio della seconda (fase IIA in figura)
  • mentre nella seconda (fase IIB in figura) e terza fase “Infiammatoria” orientate all’obiettivo di contenere l’infiammazione violenta e le sue conseguenze.

Non conoscendo questa evoluzione si comprende il perché, nelle fasi iniziali della pandemia, ci fossero molti pareri discordanti sugli effetti osservati delle diverse terapie. In questo scenario la gestione del clinico Covid, all’interno dei team di cure strutturati diventa fondamentale, essendo dimostrato che scelte terapeutiche tempestive possono migliorare l’esito. Ma l’agenzia italiana del farmaco (AIFA) pur comprendendo lo stato di emergenza, ha chiesto e chiede estrema prudenza in attesa dei risultati degli studi che a breve potrebbero portare evidenze e maggiori certezze. Per questo ha aperto una sessione dedicata a fornire indicazioni sulle terapie attualmente impiegate al di fuori delle sperimentazioni e commercializzate per altre indicazioni, fornendo i dati disponibili su prove di efficacia e sicurezza. E per fare chiarezza, attraverso la sua Commissione Tecnico Scientifica, ha predisposto delle schede di sintesi che riportano in modo chiaro tutto ciò che si deve sapere sulle terapie COVID 19. Nello stesso formato, vengono all’opposto individuati i farmaci per cui è bene che l’utilizzo rimanga alll’interno di sperimentazioni cliniche controllate. (https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19)

In attesa di farmaci specifici antivirali che saranno la vera cura per Covid-19, ecco una breve sintesi di esperienze empiriche emerse dalla pratica clinica internazionale, sulle terapie attualmente disponibili
  1. Clorochina ed Idrossiclorochina da utilizzare sia nei pazienti ospedalizzati, sia in quelli in isolamento domiciliare: negli studi di laboratorio essi hanno dimostrato di possedere un’attività contro i coronavirus che sembra confermarsi ampiamente nell’attuale impiego empirico. Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  2. Paracetamolo da utilizzare per il controllo della temperatura corporea. In caso di intolleranza uso di antinfiammatori (es° ibuprofene, Ketoprofene o altri), da utilizzare alla dose minima efficace per il periodo più breve possibile. Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  3. Eparine a basso peso molecolare da utilizzare per la profilassi del tromboembolismo venoso per tutti i pazienti a rischio tromboembolico con COVID-19 (in particolare se immobilizzati in terapia intensiva o anziani allettati). Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  4. Corticosteroidi (metilprednisolone) da utilizzare solo in pazienti con sintomi da deficit surrenale o in condizioni cliniche selezionate (in fase 2° o 3°). Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  5. Antibiotici (betalattamici) da utilizzare solo nei casi in cui vi sia una sovrainfezione batterica accertata che non è infrequente (polmonite da pneumococco o stafilococco). Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  6. Gli Antivirali disponibili (lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o darunavir/cobicistat) non sembrano dare risultati allo stato attuale anche se questo potrebbe dipendere dal fatto che ad oggi sono stati utilizzati forse in fase troppo avanzata di malattia. Comunque gravati da importanti eventi avversi. Fondamentale la prescrizione in base alle indicazioni del medico (solo specialista) e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco.
  7. I farmaci biologici ad azione anti-infiammatoria (Tocilizumab, Sarilumab, Anakirna, Emapalumab) hanno indicazione in un trattamento precoce di pazienti con in fase 2-3 (attenta valutazione di persistenza infiammatoria nei pazienti in ventilazione meccanica o infezioni non controllate). Sono farmaci ad utilizzo ospedaliero quindi la prescrizione avverrà in base alle indicazioni del medico e delle avvertenze della scheda tecnica del farmaco. Nel caso non si possa disporre di Tocilizumab nella formulazione endovenosa, c’è la possibilità di utilizzo della formulazione sottocute seppure con poca esperienza d’impiego ad oggi.
  8. Sperimentazioni su un possibile utilizzo della Colchicina sono partite da pochi giorni.
  9. Sperimentazioni su un possibile utilizzo di anticorpi monoclonali sono partite con molte aspettative.

Situazione sperimentazioni autorizzate da AIFA

22/04/2020 – BARCIVID – Studio sull’utilizzo di baricitinib

22/04/2020 – INHIXACOVID – Studio sull’utilizzo di enoxaparina

20/04/2020 – ColCOVID – Studio sull’utilizzo di colchicina

11/04/2020 – COLVID-19 – Studio randomizzato sull’utilizzo di colchicina

08/04/2020 – Hydro-Stop – somministrazione precoce di idrossiclorochina – ASUR-AV5 Ascoli Piceno

30/03/2020 – Tocilizumab 2020-001154-22 (tocilizumab) – F. Hoffmann-La Roche Ltd. –

27/03/2020 – RCT-TCZ-COVID-19 (tocilizumab) – AUSL – IRCSS di Reggio Emilia

26/03/2020 – Sarilumab COVID-19 (sarilumab) – Sanofi-Aventis Recherche & Développement

25/03/2020 – Sobi.IMMUNO-101 (emapalumab/ anakinra) – SOBI

22/03/2020 – TOCIVID-19 (tocilizumab) – Istituto Nazionale Tumori, IRCSS, Fondazione G. Pascale di Napoli

11/03/2020 – GS-US-540-5773 (remdesivir) – Gilead

11/03/2020 – GS-US-540-5774 (remdesivir) – Gilead



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